Don Benito Gazich
Sacerdote Salesiano
* Zara (Za) 29 novembre 1928 -… Mestre (Ve) 11 aprile 2018
Don Benito Gazich è partito per la Mariapoli
Celeste attorniato dall'amore di due dei suoi fratelli salesiani che stavano
recitando l’Ave Maria. Era il mattino dell’11 aprile quando il Signore è venuto a
riprendersi don Benito Gazich. Aveva 89 anni e dopo giorni di intensa
sofferenza, offerta coscientemente a Dio, s’abbandonò alla Misericordia del
Padre, a Maria Ausiliatrice che, da vero salesiano, amava tanto, a Don Bosco suo
fondatore e ai Santi del Paradiso.
Ancor ragazzino la sua mamma gli scrisse: Pensa, mio Benito, che tuo padre ha perso la
vista tre mesi prima che nascesse il primo figlio, Toni. Ti sembra che io non abbia
fatto abbastanza per allevare tutti voi? La sua mamma ha avuto dieci figli:
6 fratelli e 3 sorelle, di cui lui era l’ultimo. Questo fu per
lui un ricordo indelebile che commentò così: Questo è l’amore, la fede in Dio, il senso del dovere, lo spirito di
sacrificio, il senso pratico della vita che caratterizzò mia mamma. Un vero
dono di Dio!
A 20 anni Benito
entra nell’aspirandato di Trento e nella primavera del 1950 presenta la domanda
per entrare nella Congregazione Salesiana. In quella domanda troviamo la
motivazione della sua scelta: Durante la
mia permanenza in questo Istituto ho potuto osservare l’opera svolta da Lei,
sig. direttore, e dai suoi confratelli e ne sono rimasto ammirato. Il mio
desiderio di dedicarmi completamente alla salvezza della gioventù, ha trovato
in ciò un appoggio ed è potuto maturare nella decisione risoluta di scegliere
la Congregazione Salesiana come campo delle mie future attività spirituali.
Questo suo direttore presentava al noviziato Benito con queste espressioni: Entusiasta della sua vocazione. Carattere
ottimo. Giovane aperto, di pietà. Promette assai bene.
Infatti, trascorre senza ostacoli i suoi anni
di formazione e, dopo l’ordinazione sacerdotale, svolge i suoi compiti di
insegnante di lettere e preside in diverse case salesiane finché le forze
glielo permettono.
Non gli sono mancati gli ostacoli che lui annota
nel suo diario, soprattutto quando ha avuto un crollo psicofisico. Lui stesso
scrive:
Educato a un rigido senso del dovere, avevo retto male una
situazione stressante, uscendone con un grosso esaurimento nervoso e con un
accentuato grado di sfiducia in me stesso e negli altri. Da qualche anno il
senso e la gioia della mia vocazione salesiana e sacerdotale si erano andati
appannando in me. La santità, verso cui avevo pur cercato di tendere con
sincero e generoso slancio ascetico, mi sembrava non più fatta per me. Mi
trovavo in questa situazione, quando mi ricordai dell’invito, fattomi qualche
anno prima da un amico salesiano, a partecipare all’incontro sacerdotale che si
svolgeva nel mese di luglio a Rocca di Papa, vicino a Roma. Vi andai, mosso più
che altro dalla curiosità, che da una speranza di aiuto.
Siamo nel 1973. Mi trovo immerso in una marea di oltre 700
sacerdoti, provenienti da tutto il mondo. C’è un clima di serenità, di gioia e
di amore reciproco che mi prende e mi coinvolge.
Le parole che sento su Dio Amore penetrano profondamente nel mio
animo e riportano a galla con una forza irruente, la certezza dell’amore di Dio
che avevo avvertito nella mia giovinezza. Questa volta in una dimensione
pratica e concreta: si tratta di amare. E ciò è sempre possibile. Poter amare!
Riscopro di colpo la gioia e il senso della vita come risposta all’amore di
Dio. Comprendo con indubitabile chiarezza e forza che la santità è possibile
anche per me, perché Dio mi ama così come sono, col mio sistema nervoso debilitato.
Basta che io creda al suo amore e Lo riami nel prossimo che mi mette accanto.
Mi sento rinato.”
Nel 1978 Chiara Lubich stessa gli aveva dato
questa frase della sacra scrittura che da allora in poi ha caratterizzato la
sua vita: Osserva la gioia che ti viene
da Dio (Bar 4, 36). Infatti, fu sempre pieno di gioia salesiana e
focolarina. Seguace entusiasta del Carisma dell'unità, è stato un vero
testimone dell’Opera di Maria. In tutte le circostanze della vita, specialmente
quelle più difficili, rimase fedele a Gesù Crocifisso e Abbandonato.
In seguito a questa rinascita spirituale ne
sono arrivate molte altre, ma queste trovano presto una soluzione. Ecco cosa
scrive:
Amando
Gesù in ogni prossimo, ho visto che la mia nuova vita coinvolgeva anche i
ragazzi. Un giorno, in cui avevo perso la pazienza in classe e facevo fatica a
ricuperarla, un ragazzo alza la mano e mi dice: “Professore, perché non
leggiamo una frase del Vangelo per vedere cosa fare? E torna la bonaccia. […]
Un altro giorno ero assai irritato perché avevo trovato molti ragazzi
impreparati. Dopo lungo silenzio, in cui stentavo a ricuperare il controllo, un
ragazzo alza la mano per essere interrogato. Cerco di amarlo, rivolgendogli
delle domande facili. Lui risponde bene. Continuiamo coì per un bel tratto
finché il ghiaccio si scioglie e un po’ alla volta altri ragazzi alzano la mano
per rispondere”.
Nel 1994 d. Benito è colpito da un infarto.
Ricordando questo momento scrive: ”Ricoverato
all’ospedale mi sento debolissimo, ma non mi rendo conto della gravità. Dopo le
prime cure, intuisco la situazione. Un senso di paura mi assale al pensiero che
avrei già potuto essere davanti a Dio, o giungervi tra breve. Mi sento con la
mani vuote. Mi trovo nel buio. All’improvviso, lentamente, un pensiero come un
barlume s’accende in me. Un pensiero semplice sentito tante volte: basta fare
la volontà di Dio nel momento presente! La volontà di Dio! Ecco cos’è l’infarto
– mi dico: è un segno dell’amore di Dio per me. Ritrova la serenità e
riprende in mano la sua vita di donazione agli altri buttandosi ad amare il
prossimo.
Infine, termina i suoi ultimi anni a Monteortone
(2013/febbraio 2018) e in seguito ad un crollo della salute termina la sua
corsa alla casa "Artemide Zatti" di Mestre.
Fu un salesiano felice
della sua vocazione che ha lottato col suo carattere dalmata forte e focoso.
Ma questa lotta lo ha portato ad avere un bel
tratto di umanità, perché mai desiderava chiudere la porta in faccia a nessuno.
Anche dopo un po' di tempo che non lo si incontrava sapeva accoglierti con un
bel sorriso, una battuta e un ricordo.
Lui stesso ha preparato con una diligente e
incredibile cura il biglietto ricordo che fu distribuito dopo la sua morte in
cui si legge:
«Padre, quando mi hai chiamato alla vita mi
hai affidato un diamante da incastonare sotto la guida dell’Ausiliatrice nel
mosaico della fratellanza universale in un unico Padre, ampio come il sogno
planetario di Don Bosco.
Ho compiuto la missione ed ora eccomi a casa
a cantare in eterno, con l’immenso coro
di fratelli e sorelle festanti, le
meraviglie del tuo amore.
Per tutto e per sempre grazie, Padre buono e misericordioso. Grazie a
Te!» (Dal suo diario 24.1.2017).