Un’esperienza di focolare temporaneo
Ore 15,30 del 20 luglio 2017, arrivo a Beiruth accolto da Roland
focolarino francese che portandomi dall’ aeroporto al Centro Mariapoli di Ain
Aar mi dà le prime e aggiornate informazioni sul
Libano. Un paese del Medio-oriente in cui tira vento di libertà, circondato da
stati islamici in grande turbolenza e da Israele col quale c’è una
intesa-tregua assai difficile. Si può dire che il Libano è un paese in pace in
cui i cristiani con grande dignità portano le cicatrici di una recente lunga e
infernale guerra (1975-2006) ma che tuttavia sanno, con pazienza, essere un
elemento di equilibrio nelle relazioni dialogiche in particolare coi
mussulmani. Molti conflitti sanguinosi sono avvenuti durante la guerra che ha
colpito Beirut e, in particolare, nei vari quartieri mussulmani e cristiani. La
gente comune poi quando conversa passa con disinvoltura dall’ arabo al francese
e inglese. Per quanto mi riguarda me la sono cavata con un po’ di francese
imparato a scuola.
Noi dell’ équipe del focolare temporaneo, prima della Mariapoli che si
è svolta al nord del Libano (23-29 luglio), abbiamo fatto visite e incontri per
meglio conoscere il territorio: cena nei focolari, partecipazione coi giovani
alla GMG Maronita, visita alla grande Moschea di Beiruth, al santuario della
Madonna del Libano, all’Irap (un centro di eccellenza che ispirandosi alla spiritualità dell’unità
si prende cura della riabilitazione e dell’ inclusione dei sordomuti), la

Poi la Mariapoli al nord del Libano: 300 presenze, famiglie, un gruppo
di giovani provenienti anche dalla Siria e dall’ Algeria. Il tema che dava il
là è stato “osare la pace” con testimonianze di famiglie cristiane e mussulmane
che trovano nel dialogo col Movimento una luce nuova per rileggere il Vangelo e
il Corano, interpretandolo in chiave antropologica.
In seguito visita alla moschea di Sidone. Ci spingiamo poi ancora più a Sud nelle terre
sciite di Hezbollah, sopra Tiro, nel villaggio di Kharthoum. Siamo stati
invitati a un incontro islamo-cristiano dalla gente del posto che nel 2006, “di
fronte alla imperiosa avanzata israeliana, era dovuta scappare senza portare
nulla, salvo qualche vestito, poche suppellettili… Per 40 giorni questa gente
era stata ospitata in un centro congressi dei cristiani ad Ain Aar, sopra
Beirut. Aveva così mantenuto la sua dignità, che oggi è diventata riconoscenza
e volontà di dialogo” (Zanzucchi M.,
La casa, il rifugio, 11 agosto, Città
Nuova on line 2017).
Si è scelto come centro operativo per la nostra attività una scuola nel
Sud del Paese sulle colline di Sidone a
Myeh w Myeh. “Dal 1985 al 1992, durante la guerra civile, i suoi tremila
abitanti cristiani erano stati costretti a fuggire a Nord per l’invasione dei
profughi palestinesi. La metà di loro è tornata dopo la lunga apnea di sette
anni, mentre l’altra metà aveva trovato casa in Canada, in Francia, a Beirut,
altrove” (Zanzucchi M.).
A Myeh w Myeh abbiamo costituito quattro équipe volte a incontrare ragazzi
e i giovani nelle mattinate e nelle serate; nei pomeriggi invece si
raggiungevano gli ammalati nelle case e in ospedale. Abbiamo trovato nelle
famiglie del posto una religiosità popolare molto viva che sostiene questa
gente nelle sofferenze e nelle prove. Alcuni ragazzi, famiglie e giovani e in
particolare il parroco greco-cattolico di Myeh w Myeh
sono rimasti profondamente toccati dalla presenza di Gesù tra noi.
Che cosa ho potuto sperimentare personalmente in questa esperienza di
focolare temporaneo? La gioiosa sorpresa che Gesù in mezzo opera e tocca i
cuori di giovani che sentono di dover fare delle scelte decisive nella loro vita, di ragazzi che scoprono la
felicità del dare e della reciprocità, di genitori che si sentono spinti dalla
spiritualità dell’unità ad educare con più amore i figli, di sacerdoti in
ricerca che scoprono la luce del carisma dell’unità e sentono la vocazione a
far parte dell’Opera di Maria per rispondere a una chiamata di Dio e per un servizio ecclesiale più concreto.
In
Mariapoli poi ho potuto raccontare la storia della mia vocazione e di come sono
stato aiutato dalla spiritualità di don Bosco, illuminata da quella di Chiara
Lubich, a diventare educatore e scoprire la gioia del vangelo coi giovani e le
rispettive famiglie. Questa esperienza che ho vissuto in Libano è stata
caratterizzata da colloqui con genitori che hanno voluto confrontarsi come
educare gli adolescenti e i giovani in ricerca.
don
Patrizio Sinigaglia s.d.b.