Pubblichiamo una sintesi della giornata dell'incontro per giovani consacrati e consacrate avvenuto il 25 novembre 2018 nell'Aula Magna dell'Accademia Alfonsiana.
mercoledì 19 dicembre 2018
Video dell'incontro dei Giovani Religiosi sul Sinodo
Pubblichiamo una sintesi della giornata dell'incontro per giovani consacrati e consacrate avvenuto il 25 novembre 2018 nell'Aula Magna dell'Accademia Alfonsiana.
martedì 18 dicembre 2018
Un ondata di vita
Palermo, 16 dicembre 2018

Un’ondata di vita promossa da sacerdoti consacrate e consacrati

Che splendido l’incontro quello dei religiosi l’estate
scorsa a Roverè (Verona) con grandi novità, tra le quali la presenza di un
gruppo di consacrate (fra cui una suora della mia parrocchia), quella di un
gruppetto di giovani consacrati/e, che, pur essendo alloggiati in una località vicina,
hanno avuto dei momenti comuni con noi. Poi, l’avvio ufficiale della rivista Ekklesia, che fonde insieme le due
attuali riviste Gens e Unità e Carismi, un progetto che è diventato una felice
realtà. Da ultimo, ma primo per l’importanza, l’approfondimento di alcune
pagine del Paradiso ’49 con una videoconferenza con Jésus Morán, copresidente
del Movimento dei focolari!
Nel giugno scorso qui a Palermo un giovane ed
entusiasta sacerdote del Burundi ha conseguito la Licenza in Sacra Teologia, con
un incoraggiante riconoscimento: “summa cum laude”. La sua tesi trattava della
Chiesa burundese e la risposta che sta dando alle povertà indicate dal Concilio
Vaticano II. Erano presenti molti della Parrocchia palermitana dove svolge il
suo ministero ed altri del Movimento.
A metà luglio la visita al nuovo Vescovo di Cefalù,
la mia diocesi di origine, è stata per lui l’occasione per intrattenersi in
modo familiare con il Movimento dei Focolari della diocesi. Il fraterno
abbraccio e l’impegno di ricordarci reciprocamente nella preghiera sugellava
questo rapporto.
Un fatto importante, che ha lasciato il segno, è
stata la splendida visita di Papa Francesco a Palermo, avvenuta verso la metà
di settembre. Per noi fu l’inizio del nuovo Anno Sociale. In occasione del 25°
del martirio del Beato Pino Puglisi noi sacerdoti, religiosi e consacrate ci
siamo coinvolti nei preparativi e specialmente nella solenne e pur semplice
Concelebrazione al Foro Italico e nella Cattedrale dove eravamo a pochi metri
dall’altare con i seminaristi. I frequenti applausi al discorso del papa, la partecipazione
così emozionante alle sue parole tanto esigenti, sono stati per noi momenti
indimenticabili.
Successivamente abbiamo iniziato i nostri incontri mensili
in focolare coi sacerdoti, religiosi e consacrate secondo un programma che si
alternava: una volta sacerdoti e religiosi distinti, poi insieme con le
consacrate. All’incontro di novembre eravamo in 14, fra cui due nuovi arrivati:
uno del Madacascar e l’altro del Burchina Faso. In questo gruppo è passato
anche un Diacono di rito greco-bizantino. Inoltre, si è parlato anche del programma
di Sofia, del corso “Svegliate il mondo” e della rivista Ekklesia.
Attraverso le mie email periodiche raggiungiamo
un’altra decina di religiosi e consacrati presenti anche delle diocesi vicine
di Monreale, Trapani e Mazara del Vallo. Tanti altri venivano raggiunti con
lettere personali congiunte a quelle periodiche, firmate da P. Vincenzo
Ruggiero e dal sottoscritto.
Tra le
religiose del nostro gruppo sono avvenuti cambi e trasferimenti. Suor
Salvatrice, ex Superiora Generale, è andata a Loppiano e Suor Caterina è
partita per le Filippine.
Facendo visita con P. Vincenzo camilliano e a P.
Angelo Grasso salesiano che sono a Marsala, abbiamo incontrato anche P. Salvino
francescano conventuale del Centro P. Massimiliano Kolbe di Carini (PA). Ci
siamo proposti di fare insieme qualche ritiro sulla Spiritualità di comunione ad
alcune comunità religiose che lo hanno richiesto, e di lanciare qualche piccolo
segnale che riguarda più direttamente il movimento dei religiosi.
Ma
la realtà più significativa e più promettente, in riferimento all’Opera in loco,
ci è sembrata l’evoluzione interna della comunità oblata di Palermo col suo
sviluppo di ministero pastorale con i migranti. A fine settembre, infatti, è
arrivato P. Adriano, con la sua grande esperienza missionaria e formativa svolta
in Africa ed ora nominato Superiore della Comunità oblata di Palermo. Lui è l’Amministratore
Parrocchiale della nuova Parrocchia di S. Nicola da Tolentino, collocata nel
Centro Storico dove abita la gran parte dei migranti. Con lui abbiamo iniziato
l’Anno Sociale, mettendo in programma alcuni giorni di verifica e di progettazione
preceduti da mezza giornata di ritiro. Il clima della comunità religiosa è felicemente
migliorato, grazie all’entusiasmo e all’impegno di tutti di vivere l’amore
reciproco! Insieme e con lo stesso stile, stiamo mettendo le stesse basi nella
Parrocchia a noi affidata, mentre la ristrutturazione della abitazione attigua,
dove ci trasferiremo, è già a buon punto. Quindi, il passaggio dalla Parrocchia
di periferia, dove eravamo presenti da 16 anni, a qui sarà effettuato a breve.
Intanto
si lavora pastoralmente con tutta la parrocchia e con i vari gruppi etnici con
un progetto armonico, in unità e distinzione, e in accordo con le vicine
parrocchie gestite soprattutto da comunità religiose. Il Parroco di una
Parrocchia vicina, che è presente nei nostri incontri in focolare, è
particolarmente interessato a queste forme di collaborazione. Particolarmente
contento di tutto questo è don Vito, un docente nella vicina Facoltà Teologica
e collaboratore diretto del Vescovo! Un giovane oblato arrivato dello Sri
Lanka, successore del precedente cappellano degli srilankesi, è felice del
nostro progetto e, perciò, questa estate il nostro P. Sergio si è recato in Africa
per favorire il dialogo tra alcuni vescovi del posto con la nostra diocesi di
Palermo.
di Giovanni Fistaino
Oblato di Maria Immacolata
domenica 2 dicembre 2018
Les visages de l’attente
Fribourg (CH), 30 novembre 2018
Les visages de l’attente:
le Père Joseph Kuster
par Bernard Litzler
(vedi sotto la versione italiana)
En ce temps de l’Avent, cath.ch
va à la rencontre de témoins. Ainsi le Père Joseph Kuster, 81 ans, membre de la
Société des Missionnaires de Bethléem. Un missionnaire souriant, façonné par la
spiritualité des Focolari et de sa fondatrice Chiara Lubich.
L’Avent, temps de l’attente… Pour
le Père Joseph Kuster, qui reçoit dans la maison des Missionnaires de Bethléem,
sur la colline de Torry, à Fribourg, l’attente comporte diverses facettes. Dans
la génération des aînés, que peut-on attendre? A quelques jours d’une opération
du cœur, le religieux attend que le passage à l’hôpital se passe bien.
Mais la question va plus loin.
Pour une personne âgée, quand les années passent, qu’attend-on? “La rencontre
définitive, dit-il, la rencontre avec Celui qui m’a appelé et que j’ai pu
choisir. Je sais qu’il me donnera son amour miséricordieux, car le Christ s’est
livré pour moi. Je n’ai rien à craindre de lui, malgré mes déficiences’’.
Le père Kuster a grandi avec
l’image d’un “Dieu juge qui observe’’. “Ça m’empêchait de me sentir vraiment
heureux. Il restait toujours un peu de tristesse dans mon cœur’’.
Une nuit sans
dormir
En 1969, lors d’une rencontre de
religieux, il éprouve ce qu’assurait Chiara Lubich, la fondatrice du mouvement
des Focolari: “Dieu t’aime infiniment, immensément’’. Dans un moment de prière,
Joseph Kuster fait une expérience renversante, comme un éclair. Il comprend:
Dieu l’aime, infiniment. Il s’en remet, joyeusement: “C’est la seule nuit que
j’ai passée sans dormir, tellement j’étais heureux, confesse-t-il, sourire en
coin. C’était comme un deuxième noviciat… Il y a vraiment eu un avant et un
après’’.
“Que Dieu devienne chair, plus j’avance, plus cela
me laisse bouche bée.”
Son entourage le confirme: il est
devenu souriant. “Mes confrères ont mis ça sur le charme de la Suisse romande,
où je venais de déménager’’. Car la réputation des Focolari, à l’époque, “était
mauvaise’’. “Pensez donc: un mouvement lié au pape!”.
Obéir par amour
Mais pour Joseph Kuster, au
contraire, les “Foco”, c’était “l’Evangile traduit en vie”. Car durant sa
formation, avant le concile Vatican II, l’époque était davantage à la
contestation, à la critique de la vénération mariale, etc. “En fait, les
Focolari donnent la première place au Christ, comme Marie… Et obéir par amour
donne une liberté plus grande que d’être soumis à sa liberté personnelle”.
Aujourd’hui, le religieux
fribourgeois appartient à la branche religieuse des Focolari. Grâce à ces
derniers, il a redécouvert les fondements de sa propre famille spirituelle. “La
simplicité de l’enfant de Bethléem, c’est notre modèle. Avec l’amour du Père et
la préférence pour les pauvres”.
Vivre comme Marie
Et l’Incarnation ?… “Noël,
c’est l’Emmanuel, Dieu avec nous. C’est central pour nous, les Missionnaires de
Bethléem. Que Dieu devienne chair, plus j’avance, plus cela me laisse bouche
bée. C’est une grande joie, car Dieu est descendu au plus bas. Il est né
pauvre, exilé, réfugié. C’est comme s’il nous disait: là où vous souffrez, j’y
suis aussi”.
Aujourd’hui, le père accompagne
spirituellement une douzaine de personnes. “Parfois, je ne sais pas trop que
dire et je laisse le silence. Et les personnes trouvent les réponses d’elles-mêmes,
confie-t-il. Chez les Focolari, j’ai beaucoup appris. Il ne s’agit pas de faire
des dévotions mariales, par exemple, mais de vivre comme Marie dans son
silence, son écoute profonde. Il ne s’agit pas de faire des exercices pieux,
mais une vie à l’image de Marie”. Etre Marie… Comme un chemin d’Avent
permanent.
Un rêve missionnaire
Né en 1937 à Engelberg, Joseph
Kuster, issu d’une famille nombreuse, entre en 1957 au noviciat des
Missionnaires de Bethléem. Son rêve? “Aller en Mandchourie”. Avec l’arrivée de
Mao au pouvoir, le rêve échoue. A la fin de ses études, on lui demande
d’enseigner le latin et le français au centre de formation des Missionnaires à
Rebstein (SG). Il accepte, par obéissance. Finalement il part en Colombie en
1982. Il va y rester cinq ans, avant de revenir en Suisse. “J’ai mis deux ans à
accepter mon retour ici”, avoue-t-il.
En 1984, il est nommé curé à
Montet, dans la Broye, où il se rapproche des Focolari, présents sur la
paroisse. Il y restera jusqu’en 1994. Aujourd’hui, il vit avec des confrères à
Fribourg. Mais son aventure spirituelle avec le mouvement de Chiara Lubich se
prolonge jusqu’à aujourd’hui.
Versione Italiana
Friburgo (Svizzera), 30.11.2018
I volti
dell'attesa: padre Joseph Kuster della Società
dei Missionari di Betlemme
di Bernard Litzler
Padre Joseph Kuster, 81
anni, è membro della Società dei Missionari di Betlemme. Un missionario
sorridente, plasmato dalla spiritualità dei Focolari e dalla sua fondatrice
Chiara Lubich.
Avvento, tempo dell'attesa ... Per padre Joseph Kuster, che nella sua casa
sulla collina di Torry a Friburgo accoglie dei Missionari di Betlemme, l'attesa
ha varie sfaccettature. Da una generazione di anziani cosa possiamo aspettarci?
A pochi giorni di un'operazione al cuore, il religioso è in attesa che il suo
ricovero in ospedale vada bene.
Ma questo aspetto della propria salute va ben oltre. Per una persona
anziana, quando passano gli anni, cosa ci si aspetta? "L'incontro finale,
ha detto, l'incontro con Colui che mi ha chiamato e ho potuto scegliere. So che
mi accoglierà con il suo amore misericordioso, perché Cristo si è donato a me.
Non ho nulla da temere da lui, nonostante le mie mancanze ''.
Padre Kuster è cresciuto con l'immagine di un "Dio-giudice che
controlla". "Questo mi ha impedito di sentirmi davvero felice. Nel
mio cuore c'era sempre un fondo di tristezza.”
Una notte senza dormire
Nel 1969, durante un incontro di religiosi, avverte che Chiara Lubich, la
fondatrice del Movimento dei Focolari, lo rassicurava: "Dio ti ama
infinitamente, immensamente''. In un momento di preghiera, Joseph Kuster è
preso da un'esperienza sbalorditiva, come un lampo di luce. Capisce che Dio lo
ama, infinitamente. Egli si china con gioia verso di lui: "Questa è
l'unica notte ho passato insonne, ero così felice – confessa - sorridevo. Per
me era come un secondo noviziato ... C'è stato davvero un prima e un dopo nella
mia vita".
Un Dio che diventa carne! Più vado avanti, più questo
mi lascerà senza parole".
Coloro che le sono vicini lo confermano: ora è sorridente. "I miei confratelli
hanno ritenuto che questo fosse dovuto al fascino della Svizzera francese, dove
mi ero appena trasferito". Perché la reputazione dei Focolarini, in quel
tempo, non era buona. "Pensate: un movimento papista".
Obbedire per amore
Ma per Joseph Kuster, invece, i focolarini, "Foco" venivano detti,
non era altro che "il Vangelo tradotto in vita." Perché durante la
sua formazione, prima del Concilio Vaticano II, c’era un tempo di protesta, di
critica della venerazione mariana, ecc. "In effetti, il Focolari mettevano
al primo posto Cristo, come Maria ... e-
dicevano- obbedire per amore dona una libertà più grande ancora di quella
personale, alla quale ti sei sottoposto".
Oggi, questo religioso di Friburgo appartiene alla branca religiosa dei Focolari.
Grazie a questi, ha riscoperto le basi della sua stessa famiglia spirituale.
"La semplicità del bambino di Betlemme che è il nostro modello, Dio amore e
la scelta preferenziale per i poveri ".
Vivi come Maria
E l'incarnazione? ... "Il Natale è Emmanuele, Dio-con-noi. Questo è centrale per noi Missionari di Betlemme. Che Dio
diventi carne! Più andrò avanti, più mi lascerà senza parole. È una grande
gioia questa, perché Dio è sceso al livello più basso. È nato
povero, esiliato, rifugiato. È come se ci stesse dicendo: dove soffri, lì ci
sono anch'io. "
Oggi il padre accompagna spiritualmente una decina di persone. "A
volte non so cosa dire loro e rimango in silenzio. E le persone trovano le risposte
da sole. Tra i Focolarini ho imparato molto. Non si tratta di fare delle devozioni
mariane, per esempio, ma di vivere come Maria, nel suo silenzio, nel suo
ascolto profondo. Non si tratta di fare pii esercizi, ma di condurre una vita a
immagine di Maria". Essere Mary ... Come un continuo cammino viaggio d'Avvento.
Un sogno missionario
Nato nel 1937 a Engelberg, Joseph Kuster, di famiglia numerosa, si unì ai
novizi missionari di Betlemme nel 1957. Il suo sogno?
"Andare in Manciuria". Con l'arrivo di Mao al potere, il sogno
fallisce. Alla fine dei suoi studi, gli fu chiesto di insegnare latino e
francese presso il Centro di formazione per missionari a Rebstein (SG).
Accetta, per obbedienza. Alla fine, nel 1982si trasferì in Colombia. Vi rimase
per cinque anni prima di tornare. "Ci sono voluti due anni prima di accettare
di ritornare", ammette con rammarico.
Nel 1984 è stato nominato parroco a Montet, nella Broye, dove si è
avvicinato di più ai Focolarini presenti nella parrocchia. Rimase lì fino al
1994. Oggi vive con i confratelli a Friburgo. Ma la sua avventura spirituale
con il movimento di Chiara Lubich tutt’oggi continua.
mercoledì 21 novembre 2018
Un salesiano dal carattere focoso ma carico di umanità
Don Benito Gazich
Sacerdote Salesiano
* Zara (Za) 29 novembre 1928 -… Mestre (Ve) 11 aprile 2018
Don Benito Gazich è partito per la Mariapoli
Celeste attorniato dall'amore di due dei suoi fratelli salesiani che stavano
recitando l’Ave Maria. Era il mattino dell’11 aprile quando il Signore è venuto a
riprendersi don Benito Gazich. Aveva 89 anni e dopo giorni di intensa
sofferenza, offerta coscientemente a Dio, s’abbandonò alla Misericordia del
Padre, a Maria Ausiliatrice che, da vero salesiano, amava tanto, a Don Bosco suo
fondatore e ai Santi del Paradiso.
Ancor ragazzino la sua mamma gli scrisse: Pensa, mio Benito, che tuo padre ha perso la
vista tre mesi prima che nascesse il primo figlio, Toni. Ti sembra che io non abbia
fatto abbastanza per allevare tutti voi? La sua mamma ha avuto dieci figli:
6 fratelli e 3 sorelle, di cui lui era l’ultimo. Questo fu per
lui un ricordo indelebile che commentò così: Questo è l’amore, la fede in Dio, il senso del dovere, lo spirito di
sacrificio, il senso pratico della vita che caratterizzò mia mamma. Un vero
dono di Dio!
A 20 anni Benito
entra nell’aspirandato di Trento e nella primavera del 1950 presenta la domanda
per entrare nella Congregazione Salesiana. In quella domanda troviamo la
motivazione della sua scelta: Durante la
mia permanenza in questo Istituto ho potuto osservare l’opera svolta da Lei,
sig. direttore, e dai suoi confratelli e ne sono rimasto ammirato. Il mio
desiderio di dedicarmi completamente alla salvezza della gioventù, ha trovato
in ciò un appoggio ed è potuto maturare nella decisione risoluta di scegliere
la Congregazione Salesiana come campo delle mie future attività spirituali.
Questo suo direttore presentava al noviziato Benito con queste espressioni: Entusiasta della sua vocazione. Carattere
ottimo. Giovane aperto, di pietà. Promette assai bene.
Infatti, trascorre senza ostacoli i suoi anni
di formazione e, dopo l’ordinazione sacerdotale, svolge i suoi compiti di
insegnante di lettere e preside in diverse case salesiane finché le forze
glielo permettono.
Non gli sono mancati gli ostacoli che lui annota
nel suo diario, soprattutto quando ha avuto un crollo psicofisico. Lui stesso
scrive:
Educato a un rigido senso del dovere, avevo retto male una
situazione stressante, uscendone con un grosso esaurimento nervoso e con un
accentuato grado di sfiducia in me stesso e negli altri. Da qualche anno il
senso e la gioia della mia vocazione salesiana e sacerdotale si erano andati
appannando in me. La santità, verso cui avevo pur cercato di tendere con
sincero e generoso slancio ascetico, mi sembrava non più fatta per me. Mi
trovavo in questa situazione, quando mi ricordai dell’invito, fattomi qualche
anno prima da un amico salesiano, a partecipare all’incontro sacerdotale che si
svolgeva nel mese di luglio a Rocca di Papa, vicino a Roma. Vi andai, mosso più
che altro dalla curiosità, che da una speranza di aiuto.
Siamo nel 1973. Mi trovo immerso in una marea di oltre 700
sacerdoti, provenienti da tutto il mondo. C’è un clima di serenità, di gioia e
di amore reciproco che mi prende e mi coinvolge.
Le parole che sento su Dio Amore penetrano profondamente nel mio
animo e riportano a galla con una forza irruente, la certezza dell’amore di Dio
che avevo avvertito nella mia giovinezza. Questa volta in una dimensione
pratica e concreta: si tratta di amare. E ciò è sempre possibile. Poter amare!
Riscopro di colpo la gioia e il senso della vita come risposta all’amore di
Dio. Comprendo con indubitabile chiarezza e forza che la santità è possibile
anche per me, perché Dio mi ama così come sono, col mio sistema nervoso debilitato.
Basta che io creda al suo amore e Lo riami nel prossimo che mi mette accanto.
Mi sento rinato.”
Nel 1978 Chiara Lubich stessa gli aveva dato
questa frase della sacra scrittura che da allora in poi ha caratterizzato la
sua vita: Osserva la gioia che ti viene
da Dio (Bar 4, 36). Infatti, fu sempre pieno di gioia salesiana e
focolarina. Seguace entusiasta del Carisma dell'unità, è stato un vero
testimone dell’Opera di Maria. In tutte le circostanze della vita, specialmente
quelle più difficili, rimase fedele a Gesù Crocifisso e Abbandonato.
In seguito a questa rinascita spirituale ne
sono arrivate molte altre, ma queste trovano presto una soluzione. Ecco cosa
scrive:
Amando
Gesù in ogni prossimo, ho visto che la mia nuova vita coinvolgeva anche i
ragazzi. Un giorno, in cui avevo perso la pazienza in classe e facevo fatica a
ricuperarla, un ragazzo alza la mano e mi dice: “Professore, perché non
leggiamo una frase del Vangelo per vedere cosa fare? E torna la bonaccia. […]
Un altro giorno ero assai irritato perché avevo trovato molti ragazzi
impreparati. Dopo lungo silenzio, in cui stentavo a ricuperare il controllo, un
ragazzo alza la mano per essere interrogato. Cerco di amarlo, rivolgendogli
delle domande facili. Lui risponde bene. Continuiamo coì per un bel tratto
finché il ghiaccio si scioglie e un po’ alla volta altri ragazzi alzano la mano
per rispondere”.
Nel 1994 d. Benito è colpito da un infarto.
Ricordando questo momento scrive: ”Ricoverato
all’ospedale mi sento debolissimo, ma non mi rendo conto della gravità. Dopo le
prime cure, intuisco la situazione. Un senso di paura mi assale al pensiero che
avrei già potuto essere davanti a Dio, o giungervi tra breve. Mi sento con la
mani vuote. Mi trovo nel buio. All’improvviso, lentamente, un pensiero come un
barlume s’accende in me. Un pensiero semplice sentito tante volte: basta fare
la volontà di Dio nel momento presente! La volontà di Dio! Ecco cos’è l’infarto
– mi dico: è un segno dell’amore di Dio per me. Ritrova la serenità e
riprende in mano la sua vita di donazione agli altri buttandosi ad amare il
prossimo.
Infine, termina i suoi ultimi anni a Monteortone
(2013/febbraio 2018) e in seguito ad un crollo della salute termina la sua
corsa alla casa "Artemide Zatti" di Mestre.
Fu un salesiano felice
della sua vocazione che ha lottato col suo carattere dalmata forte e focoso.
Ma questa lotta lo ha portato ad avere un bel
tratto di umanità, perché mai desiderava chiudere la porta in faccia a nessuno.
Anche dopo un po' di tempo che non lo si incontrava sapeva accoglierti con un
bel sorriso, una battuta e un ricordo.
Lui stesso ha preparato con una diligente e
incredibile cura il biglietto ricordo che fu distribuito dopo la sua morte in
cui si legge:
«Padre, quando mi hai chiamato alla vita mi
hai affidato un diamante da incastonare sotto la guida dell’Ausiliatrice nel
mosaico della fratellanza universale in un unico Padre, ampio come il sogno
planetario di Don Bosco.
Ho compiuto la missione ed ora eccomi a casa
a cantare in eterno, con l’immenso coro
di fratelli e sorelle festanti, le
meraviglie del tuo amore.
Per tutto e per sempre grazie, Padre buono e misericordioso. Grazie a
Te!» (Dal suo diario 24.1.2017).martedì 20 novembre 2018
In Burundi la speranza nasce dalla “Chiesa in comunione”
Bujumbura, Foyer de Charité, 30 settembre -19 ottobre 2018.
I sacerdoti
del Burundi s’interrogano
sulla loro vita di comunione
Nei mesi di
settembre ottobre 2018 si sono svolti a Bujumbura tre ritiri per sacerdoti e
religiosi sulla spiritualità di comunione. Questi ritiri venivano programmati ogni
anno in Burundi, il tema poi ha trovato il parere favorevole della Conferenza
episcopale, e furono realizzati in collaborazione con il Foyer de Charité di
Bujumbura. Non è la prima volta che si svolge una simile iniziativa in
Africa perché nell’estate 2017 l’abbé Léon
Sirabahenda, sacerdote burundese, aveva animato, insieme ad una focolarina
Florence Gillet, un ritiro sullo stesso tema a Lubumbashi nella Repubblica Democratica
del Congo. I buoni frutti prodotti nei sacerdoti e religiosi congolesi presenti
in quel ritiro, lo avevano spinto a organizzare una cosa simile anche nel
suo paese. L’equipe di animazione era formata da Leon Sirabahenda, da Florence
Gillet focolarina e da padre Mimmo Arena degli Oblati di Maria Immacolata.
Ad essi si aggiunse anche la focolarina Monika Maria Wollf che sostituì
Florence nel terzo ritiro.
Il tema centrale impostato sulla spiritualità
della comunione sarebbe stato dato a tre voci: Florence e poi Monika Maria,
avrebbero accompagnato i sacerdoti nell'approfondimento esegetico del capitolo
17 del Vangelo di Giovanni, mentre l’abbé Leone e padre Mimmo
avrebbero aiutato i sacerdoti ad applicare questo spirito di comunione nella vita
ecclesiale e pastorale. Altre due attività sono state introdotte per favorire
la comunione: delle esperienze sul Vangelo vissuto e di comunione realizzata. Questo
aspetto è stato affidato ai Focolari del Burundi che avrebbe scelto delle persone
che avrebbero comunicato la loro esperienza a conclusione di ogni conferenza. Non
sono mancati, infine, i momenti di comunione anche fra i sacerdoti che si sono
svolti in un clima di raccoglimento e di silenzio, come giustamente avviene nei
Foyers de Charité.
Gli animatori, quindi, dopo una
preparazione remota e prossima hanno dato inizio a questi ritiri tanto attesi. Ci
fu veramente un coinvolgimento generale dell'Opera di Maria e molti dei suoi membri
a turno presteranno il loro servizio ogni giorno, non solo per donare le loro
esperienze, ma anche per preparare le stanze del Foyer de Charité, pulire e aiutare
in cucina ed altri servizi. Con tutti questi preparativi il terreno sembrava ben
preparato per poter sviluppare il tema scelto per questi esercizi spirituali:
"Per una nuova evangelizzazione. Il sacerdote, l’uomo della comunione”.
Cosa dire di questa esperienza che ha coinvolto
149 sacerdoti, tra i quali cinque religiosi? Sono sacerdoti e religiosi di una
Chiesa che, pur travagliata da conflitti etnici, esplode di giovinezza e di
vocazioni in ogni angolo del paese, e riscoprono i valori comunitari della
cultura africana.
È stata un’esperienza di una densità
unica, dove i giorni scorrevano velocemente senza avere il tempo di un po’ di riposo.
Era chiaro che non mancavano dei momenti difficoltà, di rinuncia, in mezzo al
caldo soffocante che preannunciava l’arrivo delle piogge, ma al contrattempo il
programma previsto non s’arrestava. Ci sorprendeva questa vita nuova che
nasceva dalla radice dell’amore crocifisso e portava alla resurrezione; vita
che univa anime e cuori in comunione; vita divina che diventava sorgente dei
doni dello Spirito Santo.
Ogni ritiro ha avuto la sua caratteristica
a seconda dei partecipanti, della varietà della loro età, del loro vissuto e
della loro formazione. Tuttavia si è notato subito un denominatore comune che
dava tanta gioia ed edificava. Si trattava della docilità con la quale i sacerdoti si
aprivano alla spiritualità di comunione e si avviavano così a passare dalla
cultura dell’io alla cultura del noi. Uno messaggio inviato alla Presidente
dell'Opera di Maria diceva che si avvertiva con sorpresa "la potente presenza dello Spirito Santo che col
suo soave soffio incrementava la Comunione".
Fu un’esperienza nuova nella quale si
vedeva la realtà della comunione espandersi, riempirsi di significati nuovi man
mano che veniva approfondita.
Tanti sacerdoti al
termine di ogni ritiro nella condivisione delle loro impressioni, dicevano di
aver scoperto l’importanza della Parola di Dio come strumento che crea
comunità; di aver percepito la bellezza di passare dall'io al noi, grazie anche
all'esperienza vissuta nei gruppi di condivisione. Tanti di loro, poi, si
dicevano colpiti dalla testimonianza di comunione vissuta fra noi animatori e con
coloro che venivano a raccontare le esperienze. "I temi, donati a tre voci – ha affermato qualcuno - erano lo zoccolo del ritiro, ma parlava con
maggiore eloquenza l’unità tra noi…, la presenza discreta e operosa della
comunità del Movimento e quelle brevissime esperienze della Parola offerte alla
fine di ogni conferenza davano un tocco efficace alle meditazioni". Molti
sacerdoti affermavano di voler impegnarsi a mettere lo spirito di comunione alla
base del loro essere e del loro agire e di portarlo nei loro ambienti. La
spiritualità di comunione ci è apparsa come il cuore del Vangelo, un cuore che
porta sangue nuovo a tutto il resto delle realtà evangeliche.
Il segretario della Nunziatura ci
confidava che questi ritiri sulla spiritualità della comunione portavano un “respiro di speranza” per il futuro del
Burundi. I rapporti di vera comunione hanno di certo la potenzialità di
rilanciare lo sforzo di una vera e profonda riconciliazione tra le diverse
etnie di questo paese; sforzo che attualmente sembra affievolito.
La lettera inviata a Emmaus et Jésus,
rispettivamente Presidente e Copresidente dell'Opera di Maria, comunicava quanto
segue:
I 149 sacerdoti, provenienti da tutte le
diocesi del Burundi si sono aperti generosamente alla spiritualità di
comunione, volendola portare nei loro ambienti di vita. Ancora una volta siamo
stati colpiti dall’azione dello Spirito Santo che ha infuso in tanti di essi
desideri di conversione… E, pur sottolineando la mancanza di comunicazione in
molte delle loro comunità, hanno espresso la volontà di ricominciare sulla via
della comunione. Noi portiamo nel cuore una grande gioia: di aver contribuito,
con l’annuncio della comunione, al bene della Chiesa del Burundi e del suo
avvenire. Con gratitudine allo Spirito Santo!"
Padre Mimmo Arena,
Florence Gillet,
Monika Maria Wolff,
Abbé Léon Sirabahenda
Gregor Friedrich Meisinger: L'altro al centro
Gregor Friedrich Meisinger
Traduzione italiana
Il nostro fratello Gregor è nato il 29 aprile 1941 a Liebenstein 3, nella parrocchia Arnreit, figlio di Otto e Anna Meisinger e battezzato nel nome di Friedrich. Questo fu il giorno dell'esproprio dell’Abbazia di Schlägl da parte dei nazionalsocialisti. Dopo la scuola elementare, ha frequentato la scuola secondaria Kollegium Petrinum a Linz, dove si è diplomato nel 1960. Il 28 agosto 1960 fu accettato dall'abate Florian Pröll con il nome religioso Gregor nel noviziato dell'Abbazia di Schlägl. Ha studiato teologia all'Università di Innsbruck dal 1961 al 1966 ed è stato ordinato sacerdote il 14 luglio 1966 a Pfarrkirchen dal vescovo Franz Sal. Zauner.
Dopo la sua ordinazione è stato cappellano presso la chiesa abbaziale, catechista presso la scuola elementare Schlägl e prefetto presso la scuola agraria Schlägl. Dal 1970 al 1972 è stato collaboratore a Rohrbach. Già nel 1972 divenne parroco a Julbach. Nel 1975, l'abate Florian Pröll gli affidò i compiti di vice priore e maestro dei novizi nell'Abbazia di Schlägl. Nel 1977 è tornato a Julbach, dove ha lavorato come parroco fino alla sua morte.
Per F. Gregor è stato un grande impegno unire la cura pastorale nella parrocchia alla vita comunitaria nel monastero. Era naturale che lui frequentasse i Vespri nel monastero quasi tutti i giorni e pregasse con la sua meravigliosa voce. Era una persona molto cordiale; pace, bontà e misericordia erano gli atteggiamenti che lo hanno caratterizzato come confratello e pastore.
Gli andava particolarmente a cuore la vivacità della sua parrocchia a Julbach. Animato dall'incontro con i movimenti di rinnovamento della Chiesa, Focolari e Cursillos, ha attivato molte iniziative e nuovi impulsi nella sua parrocchia. Allo stesso tempo, era molto importante per lui la conservazione delle credenze tradizionali. Ha fatto un grande sforzo per creare una liturgia variegata e, soprattutto, ha attribuito grande importanza al canto. Ha sempre avuto una chitarra a portata di mano per accompagnare le canzoni nel suo servizio.
F. Gregor incontrava le persone con grande apprezzamento e ha sempre messo la comunione al centro dei suoi rapporti. Una parola di St. Agostino è stata per lui un costante orientamento: "Sono cristiano con voi, sono prete per voi". Aveva un amore sconfinato per la Chiesa ed era molto grato a tutti coloro che lo accompagnavano e lo sostenevano nella parrocchia. Questo amore si è dimostrato soprattutto nel suo impegno verso i bambini e i giovani, con i quali ha organizzato numerosi viaggi e campi scuola, nella cura per gli anziani e gli ammalati e nel suo impegno verso i rifugiati.
Durante il suo lungo ministero come parroco di Julbach, la chiesa parrocchiale fu rinnovata più volte e fu costruita una nuova casa parrocchiale.
Negli ultimi quindici anni, F. Gregor ha sofferto di diverse gravi malattie. E' morto domenica, 18 novembre 2018, a causa di un ictus.
dell'Ordine Premostratense
(vedi sotto la tradizione in italiano)
Unser Mitbruder wurde am 29. April
1941 in Liebenstein 3, Pfarre Arnreit, als Sohn des Otto und der Anna Meisinger
geboren und auf den Namen Friedrich getauft. Es war dies der Tag der Enteignung
des Stiftes Schlägl durch die Nationalsozialisten. Nach der Volkschule besuchte
er das Gymnasium Kollegium Petrinum in Linz, wo er 1960 maturierte. Am 28.
August 1960 wurde er von Abt Florian Pröll mit dem Ordensnamen Gregor in das
Noviziat des Stiftes Schlägl aufgenommen. Er studierte von 1961 – 1966
Theologie an der Universität Innsbruck und wurde am 14. Juli 1966 in
Pfarrkirchen von Bischof Franz Sal. Zauner zum Priester geweiht.
Nach seiner Priesterweihe war er
Kaplan an der Stiftskirche, Katechet an der Volksschule Schlägl und Präfekt an
der Landwirtschaftsschule Schlägl. Von 1970 – 1972 war er Kooperator in
Rohrbach. Bereits 1972 wurde er Pfarrer in Julbach. 1975 betraute ihn Abt
Florian Pröll im Stift Schlägl mit den Aufgaben des Subpriors und
Novizenmeisters. 1977 kehrte er wieder nach Julbach zurück, wo er bis zu seinem
Tod als Pfarrer wirkte.
H. Gregor war es ein großes
Anliegen, die Seelsorge in der Pfarre und das Gemeinschaftsleben im Kloster gut
miteinander zu verbinden. Es war für ihn eine Selbstverständlichkeit, fast
jeden Tag an der Vesper im Stift teilzunehmen und mit seiner wunderbaren Stimme
das Gebet mitzutragen. Er war ein überaus herzlicher Mensch; Friede, Güte und
Barmherzigkeit waren Grundhaltungen, die ihn als Mitbruder und Seelsorger
geprägt haben.
Besonders wichtig war ihm die
Lebendigkeit seiner Pfarrgemeinde in Julbach. Inspiriert durch die Begegnung
mit den kirchlichen Erneuerungsbewegungen Fokolare und Cursillo hat er in
seiner Pfarre viele neue Impulse und Initiativen gesetzt. Gleichzeitig war ihm
die Bewahrung traditioneller Glaubenswerte ein großes Anliegen. Er bemühte sich
sehr um eine vielfältig gestaltete Liturgie und maß vor allem dem Singen eine
hohe Bedeutung zu. Er hatte immer eine Gitarre in Griffweite, um die Lieder im
Gottesdienst selber zu begleiten.
H. Gregor ist den Menschen mit
großer Wertschätzung begegnet und hat immer das Gemeinsame in den Mittelpunkt
gestellt. Orientiert hat er sich dabei an einem Wort des hl. Augustinus: „Mit
euch bin ich Christ, für euch bin ich Priester.“ Er hatte eine grenzenlose
Liebe zur Kirche und war allen sehr dankbar, die ihn in der Pfarre begleiteten
und unterstützten. Diese Liebe zeigte sich vor allem in seinem Engagement für
Kinder und Jugendliche, mit denen er viele Fahrten Ausflüge und Lager organisierte,
in seiner Sorge um die Alten und Kranken und in seinem Einsatz für die
Flüchtlinge.
Während seiner langen Tätigkeit
als Pfarrer von Julbach wurde die Pfarrkirche mehrfach renoviert und ein neues
Pfarrheim errichtet.
In den letzten fünfzehn Lebensjahren
litt H. Gregor unter mehreren schweren Erkrankungen. Nach einem Schlaganfall
verstarb er am Sonntag, 18. November 2018, um 18.30 Uhr im Krankenhaus der
Elisabethinen in Linz.
Wir halten für unseren Mitbruder
H. Gregor am Donnerstag, 22. November 2018, und am Freitag, 23. November 2018,
um 19.30 Uhr die Totenwache in der Pfarrkirche Julbach.
Traduzione italiana
Il nostro fratello Gregor è nato il 29 aprile 1941 a Liebenstein 3, nella parrocchia Arnreit, figlio di Otto e Anna Meisinger e battezzato nel nome di Friedrich. Questo fu il giorno dell'esproprio dell’Abbazia di Schlägl da parte dei nazionalsocialisti. Dopo la scuola elementare, ha frequentato la scuola secondaria Kollegium Petrinum a Linz, dove si è diplomato nel 1960. Il 28 agosto 1960 fu accettato dall'abate Florian Pröll con il nome religioso Gregor nel noviziato dell'Abbazia di Schlägl. Ha studiato teologia all'Università di Innsbruck dal 1961 al 1966 ed è stato ordinato sacerdote il 14 luglio 1966 a Pfarrkirchen dal vescovo Franz Sal. Zauner.
Dopo la sua ordinazione è stato cappellano presso la chiesa abbaziale, catechista presso la scuola elementare Schlägl e prefetto presso la scuola agraria Schlägl. Dal 1970 al 1972 è stato collaboratore a Rohrbach. Già nel 1972 divenne parroco a Julbach. Nel 1975, l'abate Florian Pröll gli affidò i compiti di vice priore e maestro dei novizi nell'Abbazia di Schlägl. Nel 1977 è tornato a Julbach, dove ha lavorato come parroco fino alla sua morte.
Per F. Gregor è stato un grande impegno unire la cura pastorale nella parrocchia alla vita comunitaria nel monastero. Era naturale che lui frequentasse i Vespri nel monastero quasi tutti i giorni e pregasse con la sua meravigliosa voce. Era una persona molto cordiale; pace, bontà e misericordia erano gli atteggiamenti che lo hanno caratterizzato come confratello e pastore.
Gli andava particolarmente a cuore la vivacità della sua parrocchia a Julbach. Animato dall'incontro con i movimenti di rinnovamento della Chiesa, Focolari e Cursillos, ha attivato molte iniziative e nuovi impulsi nella sua parrocchia. Allo stesso tempo, era molto importante per lui la conservazione delle credenze tradizionali. Ha fatto un grande sforzo per creare una liturgia variegata e, soprattutto, ha attribuito grande importanza al canto. Ha sempre avuto una chitarra a portata di mano per accompagnare le canzoni nel suo servizio.
F. Gregor incontrava le persone con grande apprezzamento e ha sempre messo la comunione al centro dei suoi rapporti. Una parola di St. Agostino è stata per lui un costante orientamento: "Sono cristiano con voi, sono prete per voi". Aveva un amore sconfinato per la Chiesa ed era molto grato a tutti coloro che lo accompagnavano e lo sostenevano nella parrocchia. Questo amore si è dimostrato soprattutto nel suo impegno verso i bambini e i giovani, con i quali ha organizzato numerosi viaggi e campi scuola, nella cura per gli anziani e gli ammalati e nel suo impegno verso i rifugiati.
Durante il suo lungo ministero come parroco di Julbach, la chiesa parrocchiale fu rinnovata più volte e fu costruita una nuova casa parrocchiale.
Negli ultimi quindici anni, F. Gregor ha sofferto di diverse gravi malattie. E' morto domenica, 18 novembre 2018, a causa di un ictus.
domenica 12 agosto 2018
Un incontro che ha lasciato il segno
Roverè Veronese, 1-8 agosto 2018.
Opera di Maria – Consacrate, Religiosi e GenRe
Un incontro che ha lasciato il segno
A Roverè Veronese, nello splendido
panorama dei monti Lessini, i Religiosi, com’è loro tradizione, e le Consacrate,
per la prima volta, hanno programmato il loro incontro estivo in un ambiente
climatico ideale e circondati da un verde meraviglioso. I religiosi e le consacrate
erano una sessantina, ai quali poi se ne sono aggiunti altri fino ad arrivare a
66 presenze. Provenivano da diversi paesi, perfino dall’Africa, dal Brasile,
dagli USA e da varie parti d’Europa. In contemporanea però – questa è la novità
di quest’anno –, anche un altro gruppo di 12 giovani (consacrati e consacrate) ha
dato inizio il proprio incontro nella vicina località di Santissima Trinità. Si
tratta, perciò, di uno sviluppo nuovo che si innesta su un percorso (quello
degli incontri estivi dei religiosi e delle consacrate dell’Opera) iniziato una
cinquantina di anni fa.
Adulti e giovani, trascorrevano le
mattinate insieme e tutti: da un lato si sono sentiti “privilegiati”, per il
clima fraterno che si è creato e soprattutto per i contenuti trattati; dall’altro
hanno avvertito la responsabilità di essere stati scelti come rappresentanti, che
dovranno, perciò, trasmettere ciò che hanno visto e vissuto. Sono presenti
quasi al completo i centri dei religiosi e delle consacrate, che hanno animato
l’iniziativa.
L’incontro è iniziato con l’ascolto del
discorso di Papa Francesco, tenuto lo scorso 10 maggio a Loppiano (Firenze). Padre
Theo Jansen e Maria Teresa Reteur Vand Dick, presenti in quella occasione, lo
hanno introdotto e in tutti è risuonato come un programma da realizzare, per i religiosi
presenti si capisce, ma anche per tutta dell’Opera di Maria. Esso, infatti, richiede
di saper continuare a vivere con rinnovato slancio il carisma dell’unità per il
bene dell’umanità e della Chiesa, perché – parole di Papa Francesco – «voi siete
appena agli inizi».
Il “Paradiso ’49”, un testo dal quale
partire.
Nel pomeriggio, Alberto Lo Presti e Lucia
Abignente, competenti sull’analisi del Paradiso
‘49 perché l’hanno approfondito nel gruppo interdiscilpinare della Scuola
Abba, hanno posto le premesse per introdurre i partecipanti alla lettura del
testo che, a dire il vero, non è certo di facile accesso. Essi, poi, hanno accompagnato
questa lettura per tutto l’arco dell’incontro. Fin dal primo momento è stato detto
che non si tratta solo di una comprensione intellettuale, ma piuttosto di una
progressiva e coinvolgente partecipazione a quelle realtà spirituali lì
descritte, per attualizzare in ognuno ed in tutti l’esperienza fondante
dell’Opera di Maria.
Infatti, è proprio in questo coinvolgimento dei singoli e
del gruppo che si diventa ‘corpo ecclesiale’ e si comprende quanto Dio ama
l’uomo e lo trasforma con le sue grazie. Ma, fin dall’inizio è stata Chiara
stessa a voler condividere con Igino Giordani e le prime focolarine questi momenti
speciali di Dio, ai quali tutti, se ci sono le dovute condizioni, possono accedere
anche oggi ed avvertire una presenza speciale di Dio sotto tutte le cose. Tutti,
quindi, hanno avuto la reale sensazione che sotto a tutto ciò ci sia una grazia,
che porta ad operare un vero rinnovamento nei religiosi e nelle consacrate,
risvegliando in loro la coscienza che li ha portati a donare la vita a Dio.
Nei giorni seguenti Lucia Abignente ed
Alberto Lo Presti, hanno incominciato a leggere i primi capoversi del Paradiso ‘49 che riguardavano i
“Precedenti”. In essi Chiara comunicava qual è stata la sua preparazione remota
e prossima, che ha condotto lei, Igino Giordani e le sue prime compagne a fare
questa esperienza di Dio con tanta intensità. Partendo dalla Parola vissuta, Dio
aveva fatto scoprire alcuni capisaldi della nuova spiritualità: l’importanza del
mettere in pratica la Parola, la bellezza di questa vita evangelica, la volontà
di Dio, l’amore reciproco, l’unità... «Comprendevano – si legge – che ogni Parola
è un richiamo alla carità di Dio e al mistero pasquale di Gesù» morto e risorto.
In questa esperienza evangelica così profonda, Gesù Abbandonato, Parola che
riassume in Sé tutto il Vangelo, appariva al vertice di tutto, la sintesi e la
pienezza di ogni Parola che porta in sé la vita di Dio.
Successivamente, è stato presentato il
brano conosciuto ormai come l’ “entrata in Paradiso”. E questa volta è Chiara stessa
a raccontarlo, quando è andata ad incontrare 2000 giovani riuniti nella sala congressi
di Castel Gandolfo (24 febbraio 2001). «Ci ha toccato – ha detto uno dei
presenti – il modo con cui Chiara ha saputo coinvolgere e fare entrare nella
realtà del Paradiso questi giovani». Tutti, poi, hanno solennemente rinnovato
il Patto di Unità, in cui ognuno, con tutte le proprie fragilità, sente di
donarsi a Dio, affinché Lui stesso possa realizzare quanto suo Figlio Gesù gli
ha chiesto prima di morire: Che tutti
siano uno! Ecco cosa avviene quando si avverte questa spinta a donarsi
pienamente a Dio: vengono in luce esperienze personali, familiari e comunitarie
grazie a questo incontro con il carisma dell’unità, donato dallo Spirito Santo
alla Chiesa attraverso C. Lubich.
È questa l’esperienza avvertita e
condivisa del sentirsi ‘Anima’, Anima-Chiesa, Sposa del Verbo, a cui lo Sposo
fece conoscere a Chiara Lubich, in modo del tutto nuovo, Maria, la Madre sua in
tutta la sua bellezza e nella sua grandezza di ‘Madre di Dio’.
In questi giorni, alla fine di queste
riflessioni ogni volta si rimaneva in una prolungata e ricca comunione d’anima tra
tutti, in un sacro clima di ascolto reciproco.
La grandezza di Maria
Riprendendo ed approfondendo ulteriormente
le pagine dedicate a Maria, emergeva sempre di più la sua grandezza, proprio
per il fatto che essa è «soltanto Parola di Dio […] bella oltre ogni dire:
tutta vestita della Parola di Dio che rivela la bellezza di un Dio-Padre che
ama». Maria, «la segreta custode dello Spirito in sé», affascina. Per cogliere
tutta questa novità e vedere cosa rappresenta Maria nella vita di un cristiano,
ogni espressione risulta inadeguata, oppure acquista un più profondo
significato: vera Regina del Cielo e
della terra, la Madre che contiene Dio, la Genitrice di Dio, grande come il
Padre e come il Figlio. «Iddio L’amò – si legge nel testo – tanto da farLa
Madre sua, e di fronte a Lei rimpicciolì il suo Amore. In Cielo […] tutto
diventa Dio». Sono espressioni forti che spingono a vivere più intensamente gli
aspetti della spiritualità collettiva, fondata sulla fede che lascia intuire l’immenso
Amore di Dio per tutta l’umanità. Per Chiara Maria è stata fondamentale ed
auspica che tutti facciamo l’esperienza del Paradiso, rivivano Maria nella loro vita, per comprendere e
lavorare adeguatamente nella sua Opera-Chiesa.
Su questo argomento è stata presentata,
infine, una conversazione di Chiara alle focolarine e ai focolarini tenuta a
O’Higgins (Argentina) il 4 aprile 1998 in occasione della sua visita alla
Mariapoli Lia. Lucia Abignente ne ha descritto bene il contesto. Fu una visita
lunga, durata quasi un mese, con parecchi avvenimenti sociali e culturali
straordinari, con apprezzamenti delle autorità laiche e delle università.
Tredici sono state le facoltà delle Università di Buenos Aires che hanno dato a
Chiara il dottorato “honoris causa”. Tutti volevano incontrarla e ascoltarla,
anche gli ebrei. Erano stati giorni indescrivibili, che Chiara stessa aveva
attribuito a un intervento speciale della Madonna. Si vedeva il popolo di
Chiara, i volti luminosi dei figli di Chiara.
Nel video presentato qui, Chiara commenta
una pagina del Paradiso che ha trascinato dentro anche i presenti a questo
incontro. «In Paradiso – si è detto – non si saprà se uno sarà arrivato lì per
amore o per misericordia». Gesù abbandonato viene presentato qui come vanità,
il nulla-tutto di Dio, e come il vertice della Parola, ciò che passa e ciò che
rimane. Altri testi, poi, si riferivano alla dimensione pasquale della Parola
(morte e risurrezione), alla Rosa Mistica, alla descrizione del Paradiso con
colori, canti e danze, come lo hanno descritto i mistici. Chiara esprime questi
legami tra cielo e terra con dei raggi divergenti e convergenti che escono dal
Padre (il Creato e il Verbo) e con tante altre immagini. Questo è anche il compito
principale della Scuola Abbà: scoprire nel patrimonio della Chiesa e dei Santi e confermare che tali esperienze, fatte in quei lontani giorni di Paradiso vissuti
nelle montagne del trentino, sono in sintonia con la tradizione cristiana.
Nella vita di tutti i giorni


D’altra parte, ci sono già dei segnali che
vanno in questa direzione, come alcune esperienze recenti di religiosi e
consacrate che si sono incontrati a Ottmaring in Germania, gli Esercizi
Spirituali che si sono tenuti a St Pierre de Chartreuse in Francia e vari altri
incontri dei religiosi e delle consacrate in Brasile, in particolare quelli rivolti
ai giovani.
Risurrezione di Roma: una risposta che
trasforma
Un ulteriore tocco che ha spronato
l’impegno concreto di questi religiosi verso l’incarnazione del proprio carisma
in sintonia con quello dell’unità, è stato leggere insieme il testo di Chiara Lubich
intitolato “Risurrezione di Roma”. Nel 1949 la situazione sociale e morale
della città di Roma nel dopo-guerra era disastrosa. In tale contesto, la
visione di C. Lubich dona uno sguardo nuovo che viene da Dio e che apre alla
speranza, perché la luce, il fuoco che essa porta dentro di sé entra in
contatto con le miserie e il dolore del mondo fuori di sé, che è lontano da
Dio. Di fronte alla realtà cruda di un’umanità ferita dal male, lei sente di
dover fare come Gesù, «guardare al Cielo dentro di Sé». «Mi faccio un tutt’uno
con la Trinità che riposa nell’anima mia – scriveva – illuminandola d’eterna
Luce…». Si tratta di un Fuoco che trasforma le anime e le rende ‘altro Cristo’.
In tal modo, continua Chiara, «attraverso la pupilla che è vuoto sull’anima
[…], guardo al mondo e alle cose; però non più io guardo, è Cristo che guarda
in me e rivede ciechi da illuminare e muti da far parlare e storpi da far
camminare». Tale testo è un vero ‘manifesto’ per ogni positiva trasformazione
sociale. È impressionante vedere come dovrebbe essere questa visione mistica
per essere concreta ed incisiva quando viene a contatto con l’umanità ferita, affinché
non soffochi l’anima, o annulli l’esperienza di Paradiso appena fatta, ma le dia,
invece, un nuovo significato che permetta, nonostante il degrado apparente, di
guardare oltre e vedere come farsi strumenti di salvezza per l’umanità che soffre.
Gesù Abbandonato, che si è fatto vuoto, nulla-d’amore;
questo Gesù, amato e abbracciato dal cristiano, porta a sperimentare il suo
segreto dinamismo d’amore. Tutto ciò porta verso una visione positiva delle
cose e la vita cristiana si ‘divinizza’, anzi si ‘trinitizza’.
Incontri significativi
Un incontro speciale, anche se solo
virtuale, è stato attivato nel collegamento video fatto con il Copresidente
dell’Opera di Maria, Jesús Morán, il quale avrebbe desiderato tanto esserci di
persona. Anche lui, parlando di quanto ha detto Papa Francesco nella recente visita
a Loppiano, ha messo in luce gli antecedenti: la visione teologica di Papa
Francesco circa il popolo di Dio, maturata in consonanza con il magistero del
Vaticano II e in modo particolare sugli sviluppi che esso ha avuto nelle
Conferenze Episcopali dell’America Latina (cf. I vescovi a Puebla). Inoltre, ha
collegato idealmente questa visita con quella di Giovanni Paolo II del 1984 al
Centro dell’Opera. In tutto questo c’è un disegno provvidenziale che aiuta a
comprendere il passaggio che è avvenuto dal momento fondazionale (dove il
Carisma è legato a Chiara), a quello attuale in cui il Carisma è affidato al
‘popolo’ di Chiara, per potersi collocare in modo sempre più pieno nella Chiesa
e a servizio dell’umanità. «Questi argomenti verranno sviluppati nell’incontro
che ci sarà prossimamente con i Delegati dell’Opera – ha detto Jesús –, ma già
da queste premesse si possono intuire molti spunti che l’Opera di Maria è
chiamata a dare alla vita della Chiesa in questo momento. Anche i consacrati,
muovendosi insieme per un unico Movimento, si dimostrano più significativi nel
testimoniare la vita della Chiesa e dei suoi carismi».
Per questo scopo, durante l’incontro i
Religiosi, le Consacrate e il gruppo dei giovani si sono trovati in incontri
distinti per cercare delle risposte concrete su alcune questioni particolari
che li riguardano. La coscienza di essere parte viva dell’Opera di Maria –
Movimento dei Focolari, era in tutti viva. Un messaggio di risposta di Emmaus lo
esprime bene: «Grazie del vostro messaggio – scrive. Sono con voi in questa
bellissima avventura e vi affido particolarmente a Maria, Madre di tutti i
carismi. Uno! Emmaus».
Alcuni religiosi hanno approfittato della mezza
giornata di pausa per andare a Rovereto ad incontrare un pioniere di questa
avventura, padre Bonaventura Marinelli. Al loro ritorno hanno raccontato che, nonostante
la sua età longeva (98 anni), è rimasto felicissimo della visita ricevuta e raccontava con entusiasmo di quando Chiara e le prime focolarine seguivano
lui e ai suoi compagni di scuola, e poi quando, ancor studente nei Collegi romani,
mantenevano i contatti. «Erano per noi come una corrente elettrica e alla fine
vedevamo le cose tutte rovesciate, non più dalla logica umana, ma dal Paradiso».
In Padre Bonaventura questa visione persiste ancora.
I giovani: una speranza
Suor Francesca Bosco e padre Donato Cauzzo
in tutti questi giorni hanno accompagnato i giovani che, dopo diversi anni, hanno
voluto con gioia ridare vita alle scuolette gen-re. Erano, come si diceva
sopra, una dozzina e hanno sentito di dover rafforzare la loro vocazione
all’Opera. Hanno fatto un loro programma adeguato, vivendo insieme in una casa
a pochi chilometri da Roveré Veronese, ad eccezione di quei momenti in cui condividevano con gli adulti le conversazioni sul Paradiso e lo
scambio conseguente. Dagli echi molto positivi raccolti da loro, emerge tanta
voglia di continuare, di rimanere collegati tra di loro, di essere come dei
nodi che costruiscono una grande rete di rapporti tra le giovani generazioni, per
andare incontro al loro desiderio di comunione e proiettarsi con speranza verso
un futuro carico di attese.
Consacrate e Religiosi dell’Opera: un
cantiere aperto
Altre sono state le realtà emerse nel
corso di questi otto giorni:
I)
In primo luogo il corso Svegliate il mondo che si è tenuto per
il secondo anno a Loppiano e che è una espressione del Centro Evangeli Gaudium.
P. Theo Jansen e Suor Tiziana Longhitano hanno condiviso con tutti i frutti positivi
di quest’ultimo anno, presentando al contempo il prossimo progetto con i diversi
moduli e i professori che lo animeranno.
II)
In secondo luogo si è parlato del dialogo ecumenico. P. Conrad Siberras,
P. Jonathan Cotton e P. Egidio Canil hanno informato sul coinvolgimento di alcuni
religiosi dell’Opera di Maria nella CIR (= Conferenza Interconfessionale di
Religiosi), organismo che da 40 anni lavora per l’Ecumenismo. Ora la
collaborazione è diventata più stretta e questo anno al raduno che si è tenuto
a Mirfield, erano presenti Paolo Cocco, Conrad Siberras suscitando in tutti un
interesse per la Spiritualità di Comunione ispirata al carisma dell’unità; tema
che è piaciuto tanto ed è stato scelto per la prossima Assemblea a Monserrat in
Spagna (13-18 giugno 2019).
III)
Una ulteriore realtà, ormai consolidata,
ma che vede ora una costante presenza di consacrati, è l’iniziativa Insieme per Europa, che si occupa di
promuovere l’unità tra i movimenti e che da due anni include anche gli antichi
carismi. Vi hanno partecipato P. Egidio Canil e l’Abate Raimund della abazia premostratense di Innsbruk.
IV)
Successivamente si è passati al dialogo interreligioso, specialmente
quello con i monaci buddisti della Tailandia. P. Theo ha descritto la visita di
cinque monaci buddisti passati per Loppiano. Al monaco Luce Ardente, come l’ha
sopranominato Chiara, altri si sono aggiunti ed erano presenti nella
visita del Papa a Loppiano. La condivisione tra i religiosi di Loppiano e questi
monaci è aumentata di giorno in giorno fino ad arrivare a pregare insieme, a programmare
visite turistiche ad Assisi, Padova, Venezia. Si intravvede, quindi, una reale possibilità
di una comunione interreligiosa ed un sincero rapporto fraterno; sono frutti che spuntano dopo 20 anni di relazioni tra l’Opera di Maria e i monaci tailandesi.
V)
Un ultimo, ma coraggioso dialogo riguarda la
cultura. Il direttore della rivista Unità
e Carismi, P. Carlos Garcia Andrade, ha presentato il nuovo progetto di
fusione tra le due riviste: Gen’s e Unità e Carismi. Esse confluiranno in
un'unica rivista che forse si chiamerà Ekklesìa
e raccoglie il pensiero e la visione dell’Opera di Maria sugli aspetti
ecclesiali. Si tratta di un coraggioso tentativo per promuovere la
co-essenzialità tra la dimensione gerarchica e quella carismatica della Chiesa.
Un progetto in cui si sta ancora lavorando per avere le coordinate di partenza fondamentali
sui contenuti ed una definitiva approvazione per la stampa. Tutto questo avrà,
poi, delle ripercussioni anche sulle edizioni estere. (Mariano Steffan)
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