Breve descrizione del sito archeologico
Sul terreno dell’abitazione di via della Selvotta 25 ad Albano Laziale è
stato rinvenuto un luogo che risale al terzo periodo preistorico dell'era romana, cioè nel 780 circa a. C. Esso si
trova esattamente a 15 mt dalla abitazione verso a nord (vedi nella planimetria
del lotto le numerazioni aggiunte, alle quali in seguito ci riferiamo). L’ipotesi
più accreditata, suggerita dall’archeologo venuto per un sopraluogo, ritiene
che in questo posto sia vissuta una famiglia, che conduceva un discreto tenore
di vita. Dobbiamo risalire agli anni che vanno dal 780 al 730 a.C.
L’approssimazione in questo caso è d’obbligo, perché nel tempo questo sito ha
avuto delle evidenti depauperazioni e non si sono rinvenuti oggetti che ne
possano precisare meglio di così l’epoca a cui risale. Per questa ragione
questo luogo non rientra nei parametri di obbligo di segnalazione per interesse
archeologico e storico. Quindi, non va dichiarato.

1 - L’Abitazione. Questa famiglia aveva
costruito la sua abitazione su una roccia vulcanica di tufo con dei pali che la
tenevano sollevata da terra per circa 1,50 mt. In quell’epoca il vulcano di
Albano aveva cessato la sua attività da circa 3000 anni e il cratere si era
trasformato in un lago. Quindi, non destava alcuna preoccupazione per gli
abitanti, anzi, qui la vita era tranquilla. In questa abitazione
sufficientemente capiente (le dimensioni della casa erano di circa 3,00 x 5,00 mt.
Foto 1) si può ben immaginare la vita di questa famiglia discretamente numerosa
che utilizzava la sua casa come un rifugio per il riposo notturno, mentre di
giorno tutto si svolgeva all’aperto. Si trattava di una abitazione prevalentemente
in legno e ricoperta di paglia, come una palafitta posta in mezzo agli alberi. Sul
lato sud e anche sul lato nord accanto alla casa si notano ancora due piccoli
canali d’acqua scorrevole per l’utilizzo quotidiano scavati sulla roccia di
tufo (Foto 2). Tutto lascia intendere che attorno alla casa ci fosse più di una
sorgente.
2 - Le tombe. Gli abitanti di quell’epoca
erano soliti seppellire i loro morti sotto la loro casa/palafitta. Nel nostro
caso, invece, le tombe dei defunti sono stati posti accanto alla abitazione.
Qui vediamo le due tombe scavate sulla roccia (dimensioni: 1,70 x 0,50 x 0,60 e
1,60 x 0,50 x 060) che lasciano pensare ad un profondo legame di parentela tra
i viventi e i defunti (Foto 2). Dai bordi scalpellati delle tombe si può
dedurre che queste venivano chiuse da un coperchio marmoreo funebre. La loro grandezza
conferma che quella era la statura media degli abitanti di quell’epoca. Accanto
a queste tombe ce ne sono altre delle stesse dimensioni. C’è perfino la tomba
di un bambino (60 x 30 cm) segnata con un geroglifico che potrebbe indicarne il
nome.
3 - Il Magazzino. Sul lato nord di quella
casa si nota che la roccia è stata levigata e stagliata. Potrebbe trattarsi
verosimilmente di un luogo dove venivano messi i prodotti dei raccolti (Foto 3).
La grandezza di questo locale (3,70 x 2,00 mt), i contorni ben definiti e la
sua posizione verso nord, lasciano pensare a delle basilari norme di protezione
e conservazione dei prodotti. Certamente a quell’epoca la zona era più popolata
di animali selvatici, se, come abbiamo costatato più volte ancor oggi, le volpi
e i cinghiali qui sono ancora presenti. Questo spiega perché ci fossero delle
precauzioni sia per gli uomini, che per i propri animali e anche per la
raccolta dei prodotti.
4 – Le riserve
d’acqua. Sempre nel lato nord, ma leggermente più in basso, si notano delle
vasche per la riserva d’acqua (I vasca: 2,00 x 1,30 - II vasca: 1,40 x 0,80 mt
– Foto 4) e, forse, potevano servire da abbeveratoi per gli animali domestici,
dal momento che, per una famiglia con un discreto tenore di vita, gli animali
domestici garantivano il cibo quotidiano a tutta la famiglia. Accanto alle vasche
si può notare il luogo di una sorgente d’acqua che ora si è prosciugata.
Questi pochi elementi sono apparsi grazie ad una ordinaria
pulizia del giardino, ma uno studio più approfondito potrebbe mettere in luce
ulteriori reperti per l’identificazione esatta di quel periodo storico e del
tenore di vita che risale a quasi tre secoli di storia. Il posto collocato non
lontano da una notissima strada di passaggio la Via Appia, costruita dal
console romano Appio Claudio Cieco a partire dal 312 a.C. in poi, lascia
supporre che in queste colline trovassero rifugio numerose persone che
transitavano “da” e “verso” Roma. Lungo questa strada consolare che arriva fino
a Brindisi i romani misero i loro presidi militari, uno dei quali nei Colli
Albani, costruendovi anche un teatro. Proprio in questa zona s’installò il
centurione romano a quale Gesù di Nazareth gli guarì la figlia. Egli, infatti, una
volta terminato il suo servizio militare in Palestina, ricevette in premio
dall’imperatore romano una cospicua somma di denaro e questo luogo dove visse i
suoi ultimi giorni lui con la sua famiglia all’inizio del I° secolo d. C.
Mariano Steffan,
ofm cap
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