mercoledì 21 novembre 2018

Un salesiano dal carattere focoso ma carico di umanità


Don Benito Gazich

Sacerdote Salesiano




* Zara (Za) 29 novembre 1928 - Mestre (Ve)  11 aprile  2018




Don Benito Gazich è partito per la Mariapoli Celeste attorniato dall'amore di due dei suoi fratelli salesiani che stavano recitando l’Ave Maria. Era il mattino dell’11 aprile quando il Signore è venuto a riprendersi don Benito Gazich. Aveva 89 anni e dopo giorni di intensa sofferenza, offerta coscientemente a Dio, s’abbandonò alla Misericordia del Padre, a Maria Ausiliatrice che, da vero salesiano, amava tanto, a Don Bosco suo fondatore e ai Santi del Paradiso.

Ancor ragazzino la sua mamma gli scrisse: Pensa, mio Benito, che tuo padre ha perso la vista tre mesi prima che nascesse il primo figlio, Toni. Ti sembra che io non abbia fatto abbastanza per allevare tutti voi? La sua mamma ha avuto dieci figli: 6 fratelli e 3 sorelle, di cui lui era l’ultimo. Questo fu per lui un ricordo indelebile che commentò così: Questo è l’amore, la fede in Dio, il senso del dovere, lo spirito di sacrificio, il senso pratico della vita che caratterizzò mia mamma. Un vero dono di Dio!

A 20 anni Benito entra nell’aspirandato di Trento e nella primavera del 1950 presenta la domanda per entrare nella Congregazione Salesiana. In quella domanda troviamo la motivazione della sua scelta: Durante la mia permanenza in questo Istituto ho potuto osservare l’opera svolta da Lei, sig. direttore, e dai suoi confratelli e ne sono rimasto ammirato. Il mio desiderio di dedicarmi completamente alla salvezza della gioventù, ha trovato in ciò un appoggio ed è potuto maturare nella decisione risoluta di scegliere la Congregazione Salesiana come campo delle mie future attività spirituali. Questo suo direttore presentava al noviziato Benito con queste espressioni: Entusiasta della sua vocazione. Carattere ottimo. Giovane aperto, di pietà. Promette assai bene.

Infatti, trascorre senza ostacoli i suoi anni di formazione e, dopo l’ordinazione sacerdotale, svolge i suoi compiti di insegnante di lettere e preside in diverse case salesiane finché le forze glielo permettono.

Non gli sono mancati gli ostacoli che lui annota nel suo diario, soprattutto quando ha avuto un crollo psicofisico. Lui stesso scrive:

Educato a un rigido senso del dovere, avevo retto male una situazione stressante, uscendone con un grosso esaurimento nervoso e con un accentuato grado di sfiducia in me stesso e negli altri. Da qualche anno il senso e la gioia della mia vocazione salesiana e sacerdotale si erano andati appannando in me. La santità, verso cui avevo pur cercato di tendere con sincero e generoso slancio ascetico, mi sembrava non più fatta per me. Mi trovavo in questa situazione, quando mi ricordai dell’invito, fattomi qualche anno prima da un amico salesiano, a partecipare all’incontro sacerdotale che si svolgeva nel mese di luglio a Rocca di Papa, vicino a Roma. Vi andai, mosso più che altro dalla curiosità, che da una speranza di aiuto.

Siamo nel 1973. Mi trovo immerso in una marea di oltre 700 sacerdoti, provenienti da tutto il mondo. C’è un clima di serenità, di gioia e di amore reciproco che mi prende e mi coinvolge.

Le parole che sento su Dio Amore penetrano profondamente nel mio animo e riportano a galla con una forza irruente, la certezza dell’amore di Dio che avevo avvertito nella mia giovinezza. Questa volta in una dimensione pratica e concreta: si tratta di amare. E ciò è sempre possibile. Poter amare! Riscopro di colpo la gioia e il senso della vita come risposta all’amore di Dio. Comprendo con indubitabile chiarezza e forza che la santità è possibile anche per me, perché Dio mi ama così come sono, col mio sistema nervoso debilitato. Basta che io creda al suo amore e Lo riami nel prossimo che mi mette accanto. Mi sento rinato.”

Nel 1978 Chiara Lubich stessa gli aveva dato questa frase della sacra scrittura che da allora in poi ha caratterizzato la sua vita: Osserva la gioia che ti viene da Dio (Bar 4, 36). Infatti, fu sempre pieno di gioia salesiana e focolarina. Seguace entusiasta del Carisma dell'unità, è stato un vero testimone dell’Opera di Maria. In tutte le circostanze della vita, specialmente quelle più difficili, rimase fedele a Gesù Crocifisso e Abbandonato.

In seguito a questa rinascita spirituale ne sono arrivate molte altre, ma queste trovano presto una soluzione. Ecco cosa scrive:

Amando Gesù in ogni prossimo, ho visto che la mia nuova vita coinvolgeva anche i ragazzi. Un giorno, in cui avevo perso la pazienza in classe e facevo fatica a ricuperarla, un ragazzo alza la mano e mi dice: “Professore, perché non leggiamo una frase del Vangelo per vedere cosa fare? E torna la bonaccia. […] Un altro giorno ero assai irritato perché avevo trovato molti ragazzi impreparati. Dopo lungo silenzio, in cui stentavo a ricuperare il controllo, un ragazzo alza la mano per essere interrogato. Cerco di amarlo, rivolgendogli delle domande facili. Lui risponde bene. Continuiamo coì per un bel tratto finché il ghiaccio si scioglie e un po’ alla volta altri ragazzi alzano la mano per rispondere”.

Nel 1994 d. Benito è colpito da un infarto. Ricordando questo momento scrive: ”Ricoverato all’ospedale mi sento debolissimo, ma non mi rendo conto della gravità. Dopo le prime cure, intuisco la situazione. Un senso di paura mi assale al pensiero che avrei già potuto essere davanti a Dio, o giungervi tra breve. Mi sento con la mani vuote. Mi trovo nel buio. All’improvviso, lentamente, un pensiero come un barlume s’accende in me. Un pensiero semplice sentito tante volte: basta fare la volontà di Dio nel momento presente! La volontà di Dio! Ecco cos’è l’infarto – mi dico: è un segno dell’amore di Dio per me. Ritrova la serenità e riprende in mano la sua vita di donazione agli altri buttandosi ad amare il prossimo.

Infine, termina i suoi ultimi anni a Monteortone (2013/febbraio 2018) e in seguito ad un crollo della salute termina la sua corsa alla casa "Artemide Zatti" di Mestre.

Fu un salesiano felice della sua vocazione che ha lottato col suo carattere dalmata forte e focoso.

Ma questa lotta lo ha portato ad avere un bel tratto di umanità, perché mai desiderava chiudere la porta in faccia a nessuno. Anche dopo un po' di tempo che non lo si incontrava sapeva accoglierti con un bel sorriso, una battuta e un ricordo.

Lui stesso ha preparato con una diligente e incredibile cura il biglietto ricordo che fu distribuito dopo la sua morte in cui si legge:

«Padre, quando mi hai chiamato alla vita mi hai affidato un diamante da incastonare sotto la guida dell’Ausiliatrice nel mosaico della fratellanza universale in un unico Padre, ampio come il sogno planetario di Don Bosco.

Ho compiuto la missione ed ora eccomi a casa a cantare in eterno, con l’immenso coro

di fratelli e sorelle festanti, le meraviglie del tuo amore.
Per tutto e per sempre grazie, Padre buono e misericordioso. Grazie a Te!» (Dal suo diario 24.1.2017).


martedì 20 novembre 2018

In Burundi la speranza nasce dalla “Chiesa in comunione”



Bujumbura, Foyer de Charité, 30 settembre -19 ottobre 2018.

 
I sacerdoti del Burundi s’interrogano
sulla loro vita di comunione


Nei mesi di settembre ottobre 2018 si sono svolti a Bujumbura tre ritiri per sacerdoti e religiosi sulla spiritualità di comunione. Questi ritiri venivano programmati ogni anno in Burundi, il tema poi ha trovato il parere favorevole della Conferenza episcopale, e furono realizzati in collaborazione con il Foyer de Charité di Bujumbura. Non è la prima volta che si svolge una simile iniziativa in Africa perché nell’estate 2017 l’abbé Léon Sirabahenda, sacerdote burundese, aveva animato, insieme ad una focolarina Florence Gillet, un ritiro sullo stesso tema a Lubumbashi nella Repubblica Democratica del Congo. I buoni frutti prodotti nei sacerdoti e religiosi congolesi presenti in quel ritiro, lo avevano spinto a organizzare una cosa simile anche nel suo paese. L’equipe di animazione era formata da Leon Sirabahenda, da Florence Gillet focolarina e da padre Mimmo Arena degli Oblati di Maria Immacolata. Ad essi si aggiunse anche la focolarina Monika Maria Wollf che sostituì Florence nel terzo ritiro.



Il tema centrale impostato sulla spiritualità della comunione sarebbe stato dato a tre voci: Florence e poi Monika Maria, avrebbero accompagnato i sacerdoti nell'approfondimento esegetico del capitolo 17 del Vangelo di Giovanni, mentre l’abbé Leone e padre Mimmo avrebbero aiutato i sacerdoti ad applicare questo spirito di comunione nella vita ecclesiale e pastorale. Altre due attività sono state introdotte per favorire la comunione: delle esperienze sul Vangelo vissuto e di comunione realizzata. Questo aspetto è stato affidato ai Focolari del Burundi che avrebbe scelto delle persone che avrebbero comunicato la loro esperienza a conclusione di ogni conferenza. Non sono mancati, infine, i momenti di comunione anche fra i sacerdoti che si sono svolti in un clima di raccoglimento e di silenzio, come giustamente avviene nei Foyers de Charité.



Gli animatori, quindi, dopo una preparazione remota e prossima hanno dato inizio a questi ritiri tanto attesi. Ci fu veramente un coinvolgimento generale dell'Opera di Maria e molti dei suoi membri a turno presteranno il loro servizio ogni giorno, non solo per donare le loro esperienze, ma anche per preparare le stanze del Foyer de Charité, pulire e aiutare in cucina ed altri servizi. Con tutti questi preparativi il terreno sembrava ben preparato per poter sviluppare il tema scelto per questi esercizi spirituali: "Per una nuova evangelizzazione. Il sacerdote, l’uomo della comunione”. 



Cosa dire di questa esperienza che ha coinvolto 149 sacerdoti, tra i quali cinque religiosi? Sono sacerdoti e religiosi di una Chiesa che, pur travagliata da conflitti etnici, esplode di giovinezza e di vocazioni in ogni angolo del paese, e riscoprono i valori comunitari della cultura africana.



È stata un’esperienza di una densità unica, dove i giorni scorrevano velocemente senza avere il tempo di un po’ di riposo. Era chiaro che non mancavano dei momenti difficoltà, di rinuncia, in mezzo al caldo soffocante che preannunciava l’arrivo delle piogge, ma al contrattempo il programma previsto non s’arrestava. Ci sorprendeva questa vita nuova che nasceva dalla radice dell’amore crocifisso e portava alla resurrezione; vita che univa anime e cuori in comunione; vita divina che diventava sorgente dei doni dello Spirito Santo.



Ogni ritiro ha avuto la sua caratteristica a seconda dei partecipanti, della varietà della loro età, del loro vissuto e della loro formazione. Tuttavia si è notato subito un denominatore comune che dava tanta gioia ed edificava. Si trattava della docilità con la quale i sacerdoti si aprivano alla spiritualità di comunione e si avviavano così a passare dalla cultura dell’io alla cultura del noi. Uno messaggio inviato alla Presidente dell'Opera di Maria diceva che si avvertiva con sorpresa "la potente presenza dello Spirito Santo che col suo soave soffio incrementava la Comunione". Fu un’esperienza nuova nella quale si vedeva la realtà della comunione espandersi, riempirsi di significati nuovi man mano che veniva approfondita.



Tanti sacerdoti al termine di ogni ritiro nella condivisione delle loro impressioni, dicevano di aver scoperto l’importanza della Parola di Dio come strumento che crea comunità; di aver percepito la bellezza di passare dall'io al noi, grazie anche all'esperienza vissuta nei gruppi di condivisione. Tanti di loro, poi, si dicevano colpiti dalla testimonianza di comunione vissuta fra noi animatori e con coloro che venivano a raccontare le esperienze. "I temi, donati a tre voci – ha affermato qualcuno - erano lo zoccolo del ritiro, ma parlava con maggiore eloquenza l’unità tra noi…, la presenza discreta e operosa della comunità del Movimento e quelle brevissime esperienze della Parola offerte alla fine di ogni conferenza davano un tocco efficace alle meditazioni". Molti sacerdoti affermavano di voler impegnarsi a mettere lo spirito di comunione alla base del loro essere e del loro agire e di portarlo nei loro ambienti. La spiritualità di comunione ci è apparsa come il cuore del Vangelo, un cuore che porta sangue nuovo a tutto il resto delle realtà evangeliche.



Il segretario della Nunziatura ci confidava che questi ritiri sulla spiritualità della comunione portavano un “respiro di speranza” per il futuro del Burundi. I rapporti di vera comunione hanno di certo la potenzialità di rilanciare lo sforzo di una vera e profonda riconciliazione tra le diverse etnie di questo paese; sforzo che attualmente sembra affievolito. 



La lettera inviata a Emmaus et Jésus, rispettivamente Presidente e Copresidente dell'Opera di Maria, comunicava quanto segue:



I 149 sacerdoti, provenienti da tutte le diocesi del Burundi si sono aperti generosamente alla spiritualità di comunione, volendola portare nei loro ambienti di vita. Ancora una volta siamo stati colpiti dall’azione dello Spirito Santo che ha infuso in tanti di essi desideri di conversione… E, pur sottolineando la mancanza di comunicazione in molte delle loro comunità, hanno espresso la volontà di ricominciare sulla via della comunione. Noi portiamo nel cuore una grande gioia: di aver contribuito, con l’annuncio della comunione, al bene della Chiesa del Burundi e del suo avvenire. Con gratitudine allo Spirito Santo!"

Padre Mimmo Arena,

Florence Gillet,

Monika Maria Wolff,

Abbé Léon Sirabahenda

Gregor Friedrich Meisinger: L'altro al centro

Gregor Friedrich Meisinger

dell'Ordine Premostratense

(vedi sotto la tradizione in italiano)


Unser Mitbruder wurde am 29. April 1941 in Liebenstein 3, Pfarre Arnreit, als Sohn des Otto und der Anna Meisinger geboren und auf den Namen Friedrich getauft. Es war dies der Tag der Enteignung des Stiftes Schlägl durch die Nationalsozialisten. Nach der Volkschule besuchte er das Gymnasium Kollegium Petrinum in Linz, wo er 1960 maturierte. Am 28. August 1960 wurde er von Abt Florian Pröll mit dem Ordensnamen Gregor in das Noviziat des Stiftes Schlägl aufgenommen. Er studierte von 1961 – 1966 Theologie an der Universität Innsbruck und wurde am 14. Juli 1966 in Pfarrkirchen von Bischof Franz Sal. Zauner zum Priester geweiht.

Nach seiner Priesterweihe war er Kaplan an der Stiftskirche, Katechet an der Volksschule Schlägl und Präfekt an der Land­wirtschaftsschule Schlägl. Von 1970 – 1972 war er Kooperator in Rohrbach. Bereits 1972 wurde er Pfarrer in Julbach. 1975 betraute ihn Abt Florian Pröll im Stift Schlägl mit den Aufgaben des Subpriors und Novizenmeisters. 1977 kehrte er wieder nach Julbach zurück, wo er bis zu seinem Tod als Pfarrer wirkte.

H. Gregor war es ein großes Anliegen, die Seelsorge in der Pfarre und das Gemeinschaftsleben im Kloster gut miteinander zu ver­binden. Es war für ihn eine Selbstverständlichkeit, fast jeden Tag an der Vesper im Stift teilzunehmen und mit seiner wunderbaren Stimme das Gebet mitzutragen. Er war ein überaus herzlicher Mensch; Friede, Güte und Barmherzigkeit waren Grundhaltungen, die ihn als Mitbruder und Seelsorger geprägt haben.

Besonders wichtig war ihm die Lebendigkeit seiner Pfarrgemeinde in Julbach. Inspiriert durch die Begegnung mit den kirchlichen Erneuerungsbewegungen Fokolare und Cursillo hat er in seiner Pfarre viele neue Impulse und Initiativen gesetzt. Gleichzeitig war ihm die Bewahrung traditioneller Glaubenswerte ein großes Anliegen. Er bemühte sich sehr um eine vielfältig gestaltete Liturgie und maß vor allem dem Singen eine hohe Bedeutung zu. Er hatte immer eine Gitarre in Griffweite, um die Lieder im Gottesdienst selber zu begleiten.

H. Gregor ist den Menschen mit großer Wertschätzung begegnet und hat immer das Gemeinsame in den Mittelpunkt gestellt. Orientiert hat er sich dabei an einem Wort des hl. Augustinus: „Mit euch bin ich Christ, für euch bin ich Priester.“ Er hatte eine grenzenlose Liebe zur Kirche und war allen sehr dankbar, die ihn in der Pfarre begleiteten und unterstützten. Diese Liebe zeigte sich vor allem in seinem Engagement für Kinder und Jugendliche, mit denen er viele Fahrten Ausflüge und Lager organisierte, in seiner Sorge um die Alten und Kranken und in seinem Einsatz für die Flüchtlinge.

Während seiner langen Tätigkeit als Pfarrer von Julbach wurde die Pfarrkirche mehrfach renoviert und ein neues Pfarrheim er­richtet.

In den letzten fünfzehn Lebensjahren litt H. Gregor unter mehreren schweren Erkrankungen. Nach einem Schlaganfall verstarb er am Sonntag, 18. November 2018, um 18.30 Uhr im Krankenhaus der Elisabethinen in Linz.

Wir halten für unseren Mitbruder H. Gregor am Donnerstag, 22. November 2018, und am Freitag, 23. November 2018, um 19.30 Uhr die Totenwache in der Pfarrkirche Julbach.

Traduzione italiana

Il nostro fratello Gregor è nato il 29 aprile 1941 a Liebenstein 3, nella parrocchia Arnreit, figlio di Otto e Anna Meisinger e battezzato nel nome di Friedrich. Questo fu il giorno dell'esproprio dell’Abbazia di Schlägl da parte dei nazionalsocialisti. Dopo la scuola elementare, ha frequentato la scuola secondaria Kollegium Petrinum a Linz, dove si è diplomato nel 1960. Il 28 agosto 1960 fu accettato dall'abate Florian Pröll con il nome religioso Gregor nel noviziato dell'Abbazia di Schlägl. Ha studiato teologia all'Università di Innsbruck dal 1961 al 1966 ed è stato ordinato sacerdote il 14 luglio 1966 a Pfarrkirchen dal vescovo Franz Sal. Zauner.
Dopo la sua ordinazione è stato cappellano presso la chiesa abbaziale, catechista presso la scuola elementare Schlägl e prefetto presso la scuola agraria Schlägl. Dal 1970 al 1972 è stato collaboratore a Rohrbach. Già nel 1972 divenne parroco a Julbach. Nel 1975, l'abate Florian Pröll gli affidò i compiti di vice priore e maestro dei novizi nell'Abbazia di Schlägl. Nel 1977 è tornato a Julbach, dove ha lavorato come parroco fino alla sua morte.
Per F. Gregor è stato un grande impegno unire la cura pastorale nella parrocchia alla vita comunitaria nel monastero. Era naturale che lui frequentasse i Vespri nel monastero quasi tutti i giorni e pregasse con la sua meravigliosa voce. Era una persona molto cordiale; pace, bontà e misericordia erano gli atteggiamenti che lo hanno caratterizzato come confratello e pastore.
Gli andava particolarmente a cuore la vivacità della sua parrocchia a Julbach. Animato dall'incontro con i movimenti di rinnovamento della Chiesa, Focolari e Cursillos, ha attivato molte iniziative e nuovi impulsi nella sua parrocchia. Allo stesso tempo, era molto importante per lui la conservazione delle credenze tradizionali. Ha fatto un grande sforzo per creare una liturgia variegata e, soprattutto, ha attribuito grande importanza al canto. Ha sempre avuto una chitarra a portata di mano per accompagnare le canzoni nel suo servizio.
F. Gregor incontrava le persone con grande apprezzamento e ha sempre messo la comunione al centro dei suoi rapporti. Una parola di St. Agostino è stata per lui un costante orientamento: "Sono cristiano con voi, sono prete per voi". Aveva un amore sconfinato per la Chiesa ed era molto grato a tutti coloro che lo accompagnavano e lo sostenevano nella parrocchia. Questo amore si è dimostrato soprattutto nel suo impegno verso i bambini e i giovani, con i quali ha organizzato numerosi viaggi e campi scuola, nella cura per gli anziani e gli ammalati e nel suo impegno verso i rifugiati.
Durante il suo lungo ministero come parroco di Julbach, la chiesa parrocchiale fu rinnovata più volte e fu costruita una nuova casa parrocchiale.
Negli ultimi quindici anni, F. Gregor ha sofferto di diverse gravi malattie. E' morto domenica, 18 novembre 2018, a causa di un ictus.