venerdì 17 febbraio 2017

25° di indizione della Giornata Mondiale del Malato - Dal racconto di P. Carmine Arice


Dalla Newsletter n. 13 - Gennaio 2017, dell’Ufficio CEI della Pastorale della Sanità.



La Chiesa italiana fa un bilancio sul suo servizio evangelico nel mondo sanitario 

Nel 1992 San Giovanni Paolo II Papa ha indetto la Giornata Mondiale del Malato. Cinque anni dopo la Conferenza Episcopale Italiana ha istituito un suo ufficio permanente per il coordinamento di questo servizio pastorale. Attualmente, direttore di questo ufficio è un religioso del Cottolengo, don Carmine Arice, il quale in questa occasione, in accordo con la Conferenza Episcopale Italiana e con la Consulta che affianca le attività del suo ufficio, ha promosso una particolare celebrazione ed una udienza speciale con Papa Francesco. Riviviamo la descrizione in questa celebrazione di due giorni da lui descritta in questa lettera.


Tornato da Lourdes dove sono stato per la celebrazione della XXV Giornata Mondiale del Malato, là celebrata in forma straordinaria con la presenza il Cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin, vi raggiungo con questa newsletter “Speciale Papa Francesco” per condividere con tutti la gioia del dono ricevuto venerdì 10 febbraio 2017.
Sono certo che dai giornali avrete appreso qualcosa della cronaca della giornata e soprattutto del bellissimo discorso che il Santo Padre ci ha rivolto. Ma per rendere grazie al Signore che davvero “Grandi cose compie per noi”, per far eco al tema di quest’anno, condivido con voi i momenti principali di quella giornata, soprattutto per chi non ha potuto essere presente.
All’incontro del Papa ci siamo preparati con un partecipatissimo seminario di studio (oltre 200 iscritti) nel pomeriggio del giovedì, nel quale abbiamo riflettuto sul cammino compiuto in questi ultimi 25 anni. Erano presenti numerosi direttori diocesani e loro collaboratori, così pure rap-presentanti di istituzioni sanitarie di ispirazione cristiana e del volontariato. 
Il seminario, presieduto dal Cardinale Francesco Montenegro che ha iniziato i lavori condividendo il cammino che sta facendo la Commissione Episcopale per il servizio della carità e la salute, e proseguito con la riflessione biblica della prof. Rosalba Manes sul tema “Abbi cura di te. Edificare la propria casa sulla roccia” (Mt 7,24-25). Di seguito il Presidente dell’AIPaS, dott. Gianni Cervellera, ha presentato i risultati di un questionario su “La Giornata Mondiale del Malato 25 anni dopo”. Quindi alcuni approfondimenti su questioni emergenti di bioetica, in particolare sul fine vita (Dott. Maurizio Calipari), su diaconato e pastorale della salute e il Tavolo Nazionale sulla psichiatria (Prof. Tonino Cantelmi). Il sottoscritto ha presentato brevemente la Nuova Carta degli Operatori Sanitari e il prossimo Convegno Nazionale di Bologna. Alla sera per tutti un dono speciale: la proiezione del film: Ho amici in Paradiso. Il set l'Opera Don Guanella di Roma con protagonisti sia attori professionisti che persone disabili insieme. Il lungometraggio e stato presentato dal regista Fabrizio Maria Cortese e da don Pino Venerito, guanelliano.
La giornata di venerdì 10 febbraio penso che rimarrà scolpita nel cuore di chi vi ha partecipato e nella storia della pastorale della salute italiana. Nella Basilica di san Pietro alle 9.30 e iniziata la celebrazione eucaristica in ringraziamento, presieduta dal Cardinal Montenegro, concelebrata da 10 vescovi, più di 80 sacerdoti e 12 diaconi. Nell’omelia (che presto vi faremo giungere) Sua Eminenza, tra l’altro, ha esortato ad accogliere la carità di Dio in noi e a diventarne testimoni verso i nostri fratelli. Al termine della celebrazione il commovente pellegrinaggio alla tomba di san Giovanni Paolo II per venerare le reliquie del fondatore della Giornata Mondiale del Malato. Con cuore grato abbiamo pregato per tutti gli infermi, le loro famiglie e tutti gli operatori sanitari e pastorali.
Ed eccoci al momento culminante: oltre 350 sono stati i partecipanti all’Udienza Pontificia. Raggiunta la splendida Sala Clementina, si leggeva sul volto di tutti la gioia, la commozione e la coscienza della straordinarietà dell’evento. All’arrivo di Papa Francesco il saluto del Cardinal Montenegro che, a nome di tutti, ha ringraziato il Santo Padre per questo dono speciale e ha ricordato la nostra volontà di stare accanto ai malati pur nella difficoltà del momento. Con parole incisive e “calde”, come sa fare in modo mirabile il nostro caro don Franco, ha concluso assicurando al Papa tutto il nostro affetto.
Quindi il discorso del Pontefice. Penso che tutti lo abbiate letto: e un testo che per noi rappresenta il programma pastorale dei prossimi anni. Oltre a presentare la bellezza e il senso del nostro servizio ai malati, la concretezza con la quale il Santo Padre ha messo in evidenza le luci e le ombre del cammino di questi 25 anni e le provocazioni da Lui offerte, rappresentano la road map per l’animazione della pastorale della salute nel nostro Paese. Su questo testo dovremo riflettere a lungo sia a livello nazionale che diocesano, sia nelle istituzioni sanitarie pubbliche che in quelle di ispirazione cristiana, sia nelle associazioni di volontariato per le quali il Papa ha avuto parole di particolare affetto che nelle associazioni professionali.
Dono su dono: dopo aver salutato i Vescovi presenti, la Consulta Nazionale, alcuni malati (in particolare 6 bambini con patologie gravi), l’affetto del Papa si e esteso a tutti i presenti, avendo voluto incontrare personalmente tutti i partecipanti uno per uno. Ho avuto il privilegio di assistere a questo saluto: posso assicurarvi che non e stata una formale stretta di mano ma un incontro personale e prolungato con ognuno. Era sorprendente vedere come Papa Francesco fosse presente con immediatezza ad ogni situazione, con una straordinaria memoria nel ricordare eventi, luoghi e persone. Un aneddoto: ad un certo punto si gira verso di me e mi dice: ma non sapete cantare? Fate un bel canto… come dire è un giorno di festa, esprimiamolo anche con il canto! E così la Sala Clementina si e trasformata nel salotto del Papa dove ognuno si e sentito a casa, accolto dall’illustre inquilino.
Fossi stato un fotografo avrei scattato istantanee dei volti al termine dell’Udienza per ritrarre l’incontenibile gioia. A proposito vi racconto una telefonata. Nel tardo pomeriggio la dirigente di un grande ospedale italiano, ringraziando per l’Udienza, ancora commossa mi dice: “non ho ancora lavato le mie mani, voglio prima portare la carezza del Papa ai miei figli”. Detto da chi non ho mai visto esporsi con particolare emotività, mi ha veramente sorpreso.
Ora bisogna andare avanti e con il dono ricevuto siamo ancora più responsabili. Nell’incontro con Papa Francesco e come se avessimo risentito la voce del Signore che ci ripeteva: «Andate, annunciate il Vangelo e curate i malati e così, il giorno in cui ci vedremo faccia a faccia avrò la gioia di dirvi: “ero malato e mi avete visitato”. E sarà festa per tutti».
(don Carmine Arice)
  

martedì 14 febbraio 2017

Da Antula un quartiere di Bissau (Africa) una nota di speranza

Guinea Bissau, 11 febbraio 2017

Pur tra fragilità e insicurezze la comunità cresce


È difficile a volte solo immaginare come si può crescere quando mancano sicurezze e garanzie. La fiducia espressa in questa lettera di Padre Celso Corbioli e dei suoi confratelli oblati (OMI), sorprende e il sostegno delle nostre preghiere è un piccolo segnale che incoraggia e stuzzica la provvidenza di Dio. 
Ecco la lettera arrivata dalla Guinea Bissau (Africa).


È da tanto tempo che penso di scrivere una piccola lettera di aggiornamento ed ora lo faccio.
Mi trovo nella missione di Antula, un quartiere di Bissau, la capitale della Guinea Bissau. Il Vescovo ha affidato a noi, Missionari Oblati, questa grande parrocchia, che comprende una parte della città e un’altra zona di periferia. Qui siamo in continua espansione e il lavoro pastorale richiede la presenza di una comunità parrocchiale che possa rispondere alle necessità del luogo.
La chiesa è ancora in costruzione. In effetti, in questa zona non c’è mai stato un luogo di culto e per le varie celebrazioni. Si è usato (e si usa ancora) uno spazio all’aperto, o il salone della scuola. Grazie a Dio, i lavori proseguono bene, anche se rimane ancora molto per terminare. Ringraziando Dio, la generosità della gente ci ha molto aiutato. Alcuni amici di Milano e altrove, che sono venuti a trovarci, si sono rimboccate le maniche e continuano ancora ad aiutarci con l’invio di materiale e con suggerimenti tecnici. A tutti vada il nostro sincero Grazie.

Contesto socio-politico

La Guinea Bissau è uno stato, oserei dire, in perenne instabilità. Per cui sono pochi quelli che investono in questo paese, dal momento che, o per un colpo di stato o per i continui cambi di Governo, ogni progetto potrebbe da un momento all’altro dissolversi. Non essendoci industrie o fabbriche, è un problema trovare un lavoro, e le conseguenze si possono ben immaginare: fuga dei giovani, corruzione, passaggio di droga ecc. La droga viene dall’America Latina e, fra altri stati, transita anche per la Guinea Bissau, per poi continuare verso il Sahara e l’Europa, con il beneplacito (e grande vantaggio) di alcuni di quelli che sono al potere. In questo contesto così difficile la Chiesa ha il compito di: essere luce, formare le coscienze, aiutare a non perdere la speranza.

Non solo chiesa da costruire, ma anche uomini da formare

È proprio per questo che il vescovo ha avvertito la necessità di investire delle energie utili per formare “uomini nuovi” e mi ha chiesto di liberarmi dagli impegni parrocchiali per occuparmi della formazione dei seminaristi e di coloro che abbracciano la consacrazione a Dio. Nella mia vita ho sempre fatto il missionario stando in mezzo alla gente, ma sono convinto che anche quest’ultimo compito, così importante, è un modo di essere missionari veri. Ho capito che prima di annunciare si deve testimoniare, e per questo la formazione umana e cristiana, teorica e pratica, intellettuale ed esperienziale, deve avere la priorità.
Un paio di anni fa sono rimasto colpito quando Papa Francesco, incontrando i seminaristi di Roma, fece loro questa domanda: Cristo è il vostro solo e unico interesse? Non aspettò la risposta, ma la diede lui stesso: Se non lo è, è meglio prendere un’altra strada.
Ogni credente dovrebbe porsi una domanda simile, ma per chi si sente chiamato a seguire Gesù, sia nella vita sacerdotale, o religiosa, e anche il semplice fedele, tale interrogativo ha in sé delle conseguenze che lo porta ad impegnarsi il bene di tutti gli uomini con coerenza di vita e nella verità.

Comunità che si aiutano tra di loro

In un mondo dove tanti valori di giustizia, di verità, di moralità, vengono calpestati, - ed è il panorama che è sempre presente ai nostri occhi - abbiamo bisogno di persone che sappiano essere testimoni autentici, per contribuire a costruire un mondo nuovo.
Con me vi salutano anche i miei confratelli di comunità: P. Giancarlo, P. Georges, P. Roberto e il Diacono Joseph. Infatti, oltre ad Antula (in Bissau nella Capitale), siamo in altre due missioni: Farim (nel Nord) e Cacine (nel Sud). Il Signore ci guidi sempre e faccia di noi degli apostoli gioiosi del Vangelo (P. Celso Corbioli, omi)

P. Celso Corbioli, omi
Paróquia de Antula
C.P. 20 Bissau (Guinea Bissau)

lunedì 13 febbraio 2017

Encuentro de los religiosos a 'Las Matas' (España)

31 gennaio - 3 febbraio 2017

In Spagna un gruppo di Religiosi si incontra a “Las Matas” (Madrid), nella Cittadella Castello Esteriore

I religiosi dei paesi dell'Europa occidentale hanno programmato un incontro intercongregazionale a Madrid. Preparato da tempo, questo incontro di 25 religiosi di 13 famiglie religiose si è rivelato unico per gli argomenti e per il clima fraterno che si è creato. L'impegnativo obiettivo che si sono proposti "essere costrittori di comunione nella Chiesa e nel mondo d'oggi" è stato da loro vissuto e si sono proposti di diffonderlo a chiunque nei loro ambienti.

Per facilitare la lettura lasciamo il testo spagnolo all'inizio e subito dopo mettiamo il racconto di questo raduno in italiano.

DÍA 31 DE ENERO
Tras llegar para la cena del día 30 y el descanso del viaje, nos encontramos en la sala y nos presentamos todos los participantes: 25 religiosos de 13 congregaciones y 8 naciones (de la zona: Reino Unido, Bélgica, Francia, Holanda y España; además, Indonesia, Costa de Marfil y Senegal como países de origen).
En concreto, Maristas (Robert, Rafael A., Rafael H., Juan Miguel), Claretianos (Leandro, Bernardino), H. San Gabriel (Claude, Zacharie, Ivan), Carmelita (Joaquín), Carmelita Descalzo (José M., José Damián), Agustinos (Eleuterio, Ángel), Escolapios (Víctor, Daniel), H. de la Inmaculada C. (Joss), Sacramentinos (Adrián, Hank), Orionistas (José P., Gabriel, José Antonio), Trinitario (Rafael), Mis. de África (Joss, que viene del Centro de los religiosos) y Benedictino (Jonathan). También nos acompañan Henri (focolarino responsable de la zona de Europa Occidental, que reside en Bruselas) y Juan (focolarino de la ciudadela).

Tras presentar Pepe Paris y Jonathan la jornada y compartir algunos mensajes de religiosos de diversos lugares que se hacen presentes en espíritu y unidad tenemos un descanso y después Henri nos presenta el tema del año.

Vemos el video en el que Emaús se dirige a los delegados de Oceanía, América del Norte y América Latina: “Jesús Abandonado, ventana de Dios y ventana de la humanidad”. En profundo silencio acogemos las palabras y experiencia que hay detrás de este grito, “luz en las tinieblas, vida en la muerte, amor en el odio”, que se convierte en norma de una vida nueva. Después de un “sonoro silencio” procedemos a compartir las impresiones que deja en nuestro corazón, sintiendo la llamada a renovar nuestra elección de J. A. Como “esposo”.

Completamos la mañana con la eucaristía presidida por el Arzobispo de Pamplona-Tudela D. Francisco Pérez.

A la tarde Mons. Francisco Pérez comparte su experiencia de 70 años, partiendo de su vida familiar que le fue marcando, desde la sencillez de vida y una fe profunda. Su encuentro con el Movimiento, la experiencia formativa en los comienzos de la escuela sacerdotal y la recepción de la Palabra de vida: “el amor es el pleno cumplimiento de la ley”, que tanto bien le hace. Después ir comprobando que el Señor le va llevando donde no espera: no pudo ir a misiones por salud, se traslada a Madrid con la familia, le piden el cuidado del seminario como formador y después como director espiritual, para “llevar unidad”, finalmente le piden ser obispo (de Osma-Soria). Concluye diciendo que siempre el protagonista ha sido Jesús Abandonado, quien le ha dado vida, el punto de apoyo para su ministerio, la única razón de su esperanza.
Paco Tomás, sacerdote focolarino, explica después la realidad de los sacerdotes que conocen el Movimiento en España y particularmente los once años del centro de espiritualidad sacerdotal que hubo en Las Matas hasta hace dos años. Completa recordando que en la convivencia es normal que surjan puntos de desencuentro, pero éstos pueden ser para “quemar” o para que, a través de J.A. sean fuego que alimente el focolar.

Tras un breve descanso escuchamos el tema que Jesús Morán ofreció a los Delegados respecto al “Genio eclesial de Chiara Lubich”. Se trata de profundizar en el sensus Ecclesiae de Chiara y lo que éste aporta al conjunto de la Iglesia. Un sentido eclesial que nos toca el corazón a todos los que participamos del carisma de la unidad. Que se puede definir como mariano: una mirada al centro de la Revelación desde María. Chiara es un alma eclesial de la que nace un pueblo que asume las estructuras de la Iglesia y que tiene por vocación renovar también estas estructuras, de manera dialógica, haciendo nuestro el testamento de Jesús.

Completamos la jornada compartiendo en cuatro grupos, según idioma. Un hermoso momento que se prolongó espontáneamente tras la cena.



Día 1 de FEBRERO

Ayer el día tuvo una lectura particularmente eclesial, hoy caminamos de la mano de Sta. Teresa de Jesús.
José Damián nos presenta la visita que haremos comenzando por el viaje de Chiara a Ávila el 2002, apoyado de imágenes y con el texto que dejó en el libro de visitas, agradeciendo a la Santa “todo lo que has hecho por nosotros”...


Salimos a las 9 en varios coches hacia Ávila, llegando al monasterio de la Encarnación, donde vivió de los 20 a los 48 años. Ahí vemos los lugares históricos con la explicación de José Damián. El cuadro del esponsalicio con Jesús (significado en los clavos de la pasión) nos recuerda nuestra vocación con J. A.

Después vamos al convento de San José, primera fundación, donde encarna la promesa de Jesús de “andar con ellas”. Escuchamos también otros textos en los que Santa Teresa insiste en la necesidad de amigos con los que ayudarnos en el camino de Dios. En la iglesia nueva (s. XVII) renovamos el pacto con Jesús Eucaristía.
Antes de regresar al Centro Mariápolis vimos los restos del convento de los jesuitas (S. Francisco de Borja apoyó a la Santa) y el teatro Tomás Luis de Victoria donde en 1967 y 1968 tuvieron lugar las primeras mariápolis en España, en las que algunos de los presentes participaron. Después disfrutamos de un pequeño relax tomando café –y entrando en calor- en un antiguo palacio renacentista. Completamos la estancia contemplando la belleza de la ciudad amurallada desde los “cuatro postes”.

A las 5 de la tarde comenzamos el “aggiornamento” por zonas. Primero Jonathan nos habló de la situación del Reino Unido, las tensiones que se dan, el shock del Brexit... la relación con los religiosos internos y el grupo creado con otros religiosos.
Claude nos presenta la zona francesa, cómo y quiénes se encuentran semanalmente, los contactos que mantienen, la edad elevada de muchos de los religiosos. En el oeste se reúne el núcleo donde está Zacharie, también hay núcleo en Marsella. Se dan encuentros interesantes, destacando desde hace ya tres años la iniciativa de retiros para religiosos con importante asistencia.

Robert nos habla de la zonita de Bélgica. Se encuentran un día entero en el Centro Mariápolis “Vita” cada dos meses. Son diez religiosos y siempre el responsable del focolar o de la zoneta. Tienen contacto con otros enfermos. Escuela de tres días en invierno. Se dan intercambios con otras zonitas del entorno.

Hank y Adrián nos informan de Holanda. Sorprende su actividad, por ejemplo la de unir a cristianos de diversas iglesias para ofrecer una respuesta a los musulmanes de un campo de refugiados (lugar para orar y desayunar por las mañanas), o la acogida en la ciudadela de jóvenes refugiados, la participación en encuentros de la conferencia de religiosos...

Tras una breve pausa, interrumpimos el “aggiornamento” para conectar por Skype con Jesús Morán –copresidente del Movimiento-, que no pudo venir. Nos saluda compartiendo la importancia que para él han tenido los religiosos en su vida ideal, manifestando su agradecimiento por el papel que juegan en construir la Obra de María. Hoy –subraya- los religiosos tienen también un papel importante que jugar para ayudar a la Obra a comprender el momento que vive y relanzarse. Nos invita a que le hagamos ecos al libro Fedeltá creativa para enriquecer la reflexión. También nos anuncia el encuentro del próximo sábado del Papa con 1.100 personas que participan de la “Economía de Comunión”, puede ser una ocasión decisiva para visibilizarla.
Completamos este videoencuentro con alguna cuestión y un breve diálogo. También agradecidos de la unidad que nos ha transmitido y la responsabilidad que nos ha indicado a los religiosos hoy en la Obra de María.

Henri, delegado de la zona, nos presenta la zona de Europa del Oeste, nacida el 13/5/2015, con sus 14 naciones (Islandia, las 4 escandinavas, Bélgica, Holanda, Luxemburgo, Francia, Reino Unido, Irlanda, España, Portugal y Malta), cómo se está viviendo esta novedad, algunas iniciativas de intercambio interesantes que se dan entre diversos países, proyectos concretos y los principales desafíos. Luego respondió a cuestiones sobre la vida de su focolar, la economía del mismo, las nuevas relaciones que surgen. Subraya la alegría y libertad que se vive en las reuniones del Centro: es signo de la presencia del Espíritu.

Tras la cena, a las 21h continuamos con el aggiornamento. Ahora es la zonita de España quien se presenta: núcleo de Madrid, núcleos del sur, núcleo de Levante y núcleo de Valladolid. Se ven iniciativas ricas también en contacto con la Obra Una. Subrayamos la unidad que se ha fortalecido al acompañar al P. Joaquín Martínez en su enfermedad.

Completamos el día lleno de espíritu y de vida. Nos vamos a descansar, que bien lo merecemos.


DÍA 2 DE FEBRERO 2017, PRESENTACIÓN DEL SEÑOR, DÍA DE LA VIDA RELIGIOSA

Comenzamos el día renovando el pacto. Saludo a todos los conectados por vía Streaming (¡toda una corriente de vida!)
Henri Louis nos presenta la meditación de hoy: “La vocación de la Obra a la luz del paraíso del 49”. Es una reflexión que hizo Hubertus para el Consejo General y que luego presentó en octubre a los delegados de las zonas. Dos partes: Qué significa ser Alma y reflexión en torno a las palabras vocación, palabra y designio en los textos del paraíso del 49.
Subrayar la expresión “trinitizados”, ser hijos en el Hijo, que nos hace un Alma. Cada uno es Jesús, ser Jesús en Medio. La novedad es hacer experiencia y vida lo que hemos recibido por el bautismo; extender la unión con Dios a las relaciones interpersonales. Nuestra vocación es –al igual que María- aceptar que lo que Dios quiere hacer por medio de nosotros depende de nosotros, necesita de nuestro vacío, incluso “renunciar a Dios” para ser plenitud suya, puerta abierta a la humanidad.
Al finalizar el video, un hondo silencio y un breve pero sustancial compartir.

Tras un descanso tiene lugar el segundo momento intenso: la experiencia de nuestros mayores, de quienes han vivido los primeros tiempos.
El P. Manolo Morales se conecta por Skype. Recoge lo dicho por Jesús Morán ayer sobre nuestro servicio sapiencial. Recupera algunos textos y experiencias de valor de los primeros momentos. Somos invitados a dar a Dios a través de la vida, escritos, palabras... lo que Él ha sembrado en 20 siglos redistribuirlo hoy. También la experiencia de los mundos enriquecida por nuestros carismas y a la luz de Jesús en medio que lo convierte en sabiduría. Hemos de superar una falsa humildad que no nos deja ofrecer los tesoros que tenemos.
P. Jonathan nos cuenta su historia ideal y su comprensión primera del Alma cuando una focolarina le dijo: has crecido y yo también, porque tú lo has hecho. Cuenta su experiencia también con los primeros religiosos y su unidad sólida y concreta más allá de las diferencias que surgían, pero que lo hacían más auténtico.
El P. Leandro nos relata su experiencia que parte de la primera Mariápolis en España (Ávila 1967), percibir que era un nuevo carisma en contraste con la realidad externa. El grupo de Los Negrales al que venía Ermano Rossi. Los religiosos hemos sido instrumento para dar a conocer el Ideal a mucha gente.
Agradecidos por esta historia y testimonios, continuamos compartiendo durante el tiempo de descanso. Al final del mismo, Antonio Sotillo nos presentó cómo están las obras pendientes del Centro Mariápolis (finalización y transformación del salón de actos).

Completamos la mañana con la Eucaristía presidida por el P. Leandro y renovación del pacto con Jesús Eucaristía.

Por la tarde vienen dos jóvenes escolapios asiáticos que se añadirán unas horas a nuestra experiencia.
Joss van Boxon nos explica el blog del Centro de los Religiosos y las funciones y acciones del mismo con la Rama. Después comparte su experiencia desde que era un joven religioso socialmente comprometido, con problemas por ese motivo. Le invitaron a reunirse con los gen y le invitaron a empezar por sí mismo si quería cambiar el mundo, entregándole la palabra del mes: “no juzges y no serás juzgado”. Fue toda una experiencia que le llevó a pedir a Jesús Eucaristía que le ayudara a recomenzar. Así poco a poco fue dando pasos y así lo corroboraron los PP. Blancos que le invitaron a seguir. Luego vino su experiencia africana, de la que comparte como mayor desafío la inculturación, el diálogo a fondo, aprender a hacerse uno a la luz del Evangelio.

Posteriormente María Rodríguez, focolarina del Centro nos presenta lo que es la ciudadela Castillo Exterior (origen, sentido, logo, historia con Chiara), con la función de acoger iniciativas de otros núcleos, relaciones civiles y religiosas, impulsar aspectos y asociaciones del Movimiento. Presenta imágenes de los edificios de la ciudadela, pero sobre todo de las personas, las piedras vivas.

Finalmente, nos distribuimos en cinco grupos que se reúnen para presentarse y compartir un poco de vida... y merienda, en el focolar del Centro, en el masculino, en otro de los femeninos, en villa Teresita y con una familia. Por lo que refiere María Rodríguez, la focolarina que ha coordinado la actividad, de los ecos que le llegan de la Ciudadela todos están muy contentos.

Juan Badía, focolarino, nos cuenta su encuentro con Joaquín Martínez, que ya no puede hablar, pero renovando su sí a Jesús Abandonado, que señaló con el dedo, asintiendo. También Ángel Camino ha participado en la Misa con el Cardenal en la Catedral con motivo del día de la Vida Consagrada. Antes también él se pasó a saludar y llevar nuestra Unidad a Joaquín Martínez. Le ha apretado la mano al leer nuestracarta y se la ha besado al llevarle nuestra Unidad señalando un cuadro de J.A. También ha llamado a Pepe que estaba en el focolar, las popas asegurándole su Unidad él ha asentido con la cabeza.


DÍA 3 DE FEBRERO 2017, ÚLTIMO DÍA PRESENCIAL DE NUESTRO ENCUENTRO
           
El día ha empezado con la Misa y el desayuno. Después nos hemos preparado para salir después de la meditación en grupos según destino en los distintos coches.

            La meditación tomada de un tema en el que Renata y Antonio (responsables del Añil en la Obra) habla de J.A. como pilar de cualquier renovación. Arte y textos del Paraíso del ’49 comentados de manera sapiencial nos preparan para bajar de ese ‘pequeño Tabor’ que Dios ha permitido regalarnos durante estos días. Ha sido una gozada… vamos como siempre que está Jesús en Medio. ¡Gracias la Eterno Padre por el regalo y a vosotros por vuestra complicidad! (Bepe Paris)

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Racconto in italiano

Dopo gli arrivi previsti per il giorno 30 gennaio, il giorno seguente tutti i religiosi si incontrano nella sala e si presentano. Sono in 25 religiosi di 13 congregazioni (Maristi, Claretiani, Fratelli di san Gabriele, Carmelitani Agostiniani, Scolopi, Fratelli dell’Immacolata, Orionini, Sacramentini, Trinitari, Missionari d’Africa, Benedettini) e 8 nazioni (Regno Unito, Belgio, Francia, Olanda e anche Indonesia, Senegal, Costa dì’Avorio)

Pepe Paris e Jonathan durante la prima ora presentano il programma dell’incontro e condividono alcuni messaggi dei religiosi che arrivano da vari luoghi e si uniscono in spiritualmente al gruppo dichiarando la loro unità. Dopo la pausa Henri presenta il tema dell'anno. Il video di Emmaus riporta all’incontro con i delegati provenienti da Oceania, Nord America e America Latina e parla di: "Gesù Abbandonato, finestra di Dio e finestra dell’umanità". Il tema è stato ascoltato con profondo silenzio e tutti hanno accolto le parole e l'esperienza che stanno alla base di questo grido di Gesù, "luce nel buio, vita nella morte, amore che si riversa nell’odio"; un grido che diventa la norma per una nuova vita. Le impressioni condivise ed accolte con un profondo ascolto, riportavano ad una rinnovata scelta di Gesù Abbandonato, lo Sposo. L'Eucaristia presieduta dall'Arcivescovo di Pamplona-Tudela Mons. Francisco Perez ha concluso la mattinata.

Nel pomeriggio Mons. Francisco Pérez espone la sua esperienza di 70 anni di vita intensa, incominciando dalla sua vita familiare che lo ha marcando per la semplicità con cui si viveva e per la fede profonda che si respirava. Il suo incontro con il Movimento dei Focolari avviene all’inizio della sua esperienza formativa nella scuola sacerdotale quando ricevere la Parola di vita: "L'amore è il compimento della legge", che gli ha fatto molto bene. Poi, costatando che il Signore lo stava portando dove non se lo aspettava – infatti, non poteva andare in missione per motivi di salute - si ritrova a Madrid, prima come animatore del seminario poi come direttore spirituale, costruendo  "unità" con tutti, e infine, come Vescovo (a Osma-Soria). Conclude dicendo che il protagonista è sempre stato Gesù Abbandonato, l’unico punto di appoggio per il suo ministero, l'unica ragione della sua speranza.
Poi, Paco Thomás, sacerdote focolarino, presenta la realtà dei sacerdoti che conoscono il Movimento dei Focolari in Spagna e in particolare quelli incontrati durante gli undici anni al centro di spiritualità sacerdotale che c’era a Las Matas fino a due anni fa. Conclude ricordando che nella convivenza è normale che ci siano alcuni punti di disaccordo, ma questi possono essere "bruciati", attraverso Gesù Abbandonato, così il fuoco alimenta la vita di Focolare.

Dopo una breve pausa ci si pone in ascolto del tema che Jesús Morán ha tenuto ai delegati su "Il genio ecclesiale di Chiara Lubich". «Questo sensus Ecclesiae di Chiara è da approfondire – dicevano quei religiosi - perché contiene in sé la Chiesa, con tutte le sue espressioni. Un senso ecclesiale che tocca il nostro cuore e quello di tutti coloro che condividono il carisma dell'unità, perché può essere definito carisma mariano». Tale sguardo porta al centro della Rivelazione su Maria-Chiesa. Chiara è un'anima ecclesiale di un popolo impegnato a rinnovare la Chiesa con il dialogo e facendo proprio il testamento di Gesù. Questa giornata si è conclusa con il lavoro dei gruppi linguistici durato spontaneamente anche dopo cena.


Il secondo giorno (1 febbraio) è stato marcato dalla spiritualità, perché tutto il gruppo si è messo in cammino tenendosi per mano con Santa Teresa di Gesù.

José Damián ha introdotto la visita ad Avila, parlando del viaggio di Chiara che nel 2002 si è recata lì. La sua firma nel libro degli ospiti lo testimonia ed è un ringraziamento alla Santa per - così ha scritto - «tutto quello che hai fatto per noi».

Al monastero dell'Incarnazione, dove St. Teresa è vissuta dai 20 ai 48 anni, ci si è soffermati davanti al quadro dello sposalizio con Gesù (che significa con le piaghe della sua passione), ed è stato per tutti un rinnovare la propria consacrazione a Gesù Abbandonato.

Poi nel convento di San Jose, sua prima fondazione, dove è avvenuta la promessa di Gesù di "camminare con lei", ascoltando altri testi in cui la Santa insiste sulla necessità di avere amici che aiutino nella via di Dio, in quella chiesa nuova (s. XVII) durante l’Eucaristia è stato rinnovato il patto con Gesù.

Prima di ritornare a Centro Mariapoli qui religiosi si sono recati nel convento dei Gesuiti (San Francesco di Borja accanto alla Santa) e hanno visto il teatro Tomas Luis de Victoria dove nel 1967 e nel 1968 si sono svolte le prime Mariapoli in Spagna, e dove alcuni dei presenti c’erano. Dopo sorseggiando un caffè e guardando l’antico palazzo rinascimentale, si è potuto ammirare la bellezza della città circondata dalle mura con i suoi "torrioni".

Ritornati a casa si sono ripresi i lavori incominciando con gli "aggiornamenti" per zone. Il primo fu Jonathan che ha parlato della situazione nel Regno Unito, le tensioni che si verificano, lo shock della Brexit ... il rapporto con i religiosi interni e con altri gruppi religiosi.
Claude ha presentato la zona francese, i loro incontri settimanali e il loro impegno a mantenere i contatti con i religiosi di età avanzata. A ovest c’è il nucleo di Zacharie che s’incontra regolarmente, così pure a Marsiglia. Interessanti sono anche altri incontri che da tre anni stanno portando avanti importanti iniziative, come i ritiri per religiosi.
Robert parla della zonetta del Belgio dove ogni due mesi i religiosi passano un'intera giornata presso il Centro Mariapoli "Vita". In tutto sono dieci religiosi e con loro c’è sempre il responsabile dei Focolari. Essi mantengono dei contatti regolari con altri religiosi malati. Poi, c’è la scuola di tre giorni in inverno ed altri scambi con le zonette circostanti.
Hank e Adrian informano sui Paesi Bassi. È sorprendete la loro attività, per esempio, nel unire i cristiani di diverse chiese, nel fornire un aiuto ai musulmani in un campo profughi, oppure nell’accoglienza di giovani rifugiati nella cittadella, nella partecipazione alle riunioni della conferenza dei religiosi ...

L’aggiornamento s’interrompe per fare una breve pausa e predisporsi per il collegamento Skype con Jesús Morán, copresidente del Movimento dei Focolari, che, non potendo essere presente, desiderava collegarsi. Attivato il collegamento Jesús saluta e ricorda l'importanza che ha avuto l’Ideale dell’Unità per tanti religiosi, esprimendo, poi, anche il suo apprezzamento per il ruolo che svolgono nella costruzione dell'Opera di Maria.
«Oggi – sottolinea - i religiosi hanno un ruolo importante da svolgere nell'aiutare l’Opera a capire come vive e a rilanciarla nel domani con fedeltà creativa», come suggerisce la sua recente pubblicazione. Informa sull’incontro della "Economia di Comunione", che avverrà Sabato prossimo con il Papa, al quale parteciperanno 1100 persone circa. Questa è una chiara e decisiva opportunità per dare visibilità a questa iniziativa.
La videochiamata si è conclusa con un breve dialogo, nel quale ci fu un apprezzamento sincero per il carisma del l'unità e i religiosi si sono assunti le proprie responsabilità nell’impegnarsi a viverlo.

Henri, l’incaricato della zona dell'Europa occidentale, una zona istituita il 13 maggio 2015 con il nuovo assetto dell’Opera, presenta il modo in cui si sta muovendo l’intera zona e qualche interessante iniziative, i progetti concreti e le grandi sfide. In fondo si tratta di 14 nazioni (Islanda, Scandinavia, Belgio, Paesi Bassi, Lusseburgo, Francia, Regno Unito, Irlanda, Spagna, Portogallo e Malta) e il coordinamento non sempre è semplice. Poi ha risposto alle domande sulla vita dei Focolarini, l'economia stessa, i nuovi rapporti da costruire. Egli sottolinea la gioia e la libertà che esiste nelle riunioni del centro: si tratta di un nuovo soffio dello Spirito.

Dopo cena, continua l'aggiornamento iniziato nel pomeriggio ed interviene la zonetta della Spagna che presenta il piccolo centro dei religiosi di Madrid, i diversi nuclei tutti ricchi di iniziative. Si sofferma anche sull’impegno di tutti nel rafforzare l’unità nell’accompagnare P. Joaquin Martinez nella fase terminale della sua malattia.


La giornata del 2 febbraio inizia, rinnovando da parte di tutti il patto e salutando tutti coloro che si sono collegati via streaming (Un intenso flusso della vita!)
Henri Louis presenta la meditazione: "La vocazione dell’Opera alla luce del Paradiso 49", tenuta da Hubertus al Consiglio Generale e poi presentata in ottobre ai delegati delle diverse aree. Le due parti di questa riflessione indicavano il significato dell’Anima alla luce del Papadiso ’49 e una riflessione sulla vocazione vista nei testi del Paradiso ‘49. Ha sottolineato il termine "trinitizzati", cioè essere figli nel Figlio, perché è questo fa di noi l’Anima. Ciascuno è Gesù, è Gesù in mezzo. La novità è tutta nel rendere viva l'esperienza di ciò che abbiamo ricevuto con il battesimo; esprimere e dilatare l'unione con Dio ai rapporti interpersonali. La nostra vocazione, in sostanza, è Maria e poi, come lo è stato per Lei, spetta ad ognuno accettare ciò che Dio vuole fare di lui. «Dio ha bisogno del nostro vuoto, che ci spinge fino alla rinuncia di Dio, per essere la porta aperta in pienezza sull’umanità».
Al termine del video, ci fu un profondo silenzio ed una breve ma sostanziale condivisione.

Dopo una pausa il secondo momento viene vissuto intensamente con i religiosi anziani, che hanno vissuto i primi tempi del Movimento dei Focolari.
Padre Manolo Morales si collega con Skype. Suggerisce di raccogliere ciò che Jesús Morán ha detto ieri circa il servizio sapienziale all’Opera che i religiosi possono dare, recuperando i testi e le esperienze di valore. «Anche l'esperienza dei mondi va arricchita dai carismi e alla luce di Gesù in mezzo a noi. Dobbiamo lasciar da parte la falsa umiltà per offrire i tesori carismatici che noi religiosi abbiamo».


Jonathan P. racconta la sua storia ideale e la sua prima volta che ha capito l’Anima, quando una focolarina gli ha detto: «nell’Ideale sono cresciuta io e anche tu, perché non ti butti». Racconta che da lì è partita la sua bella esperienza con i primi religiosi e l’unità cresciuta. Al di là delle differenze emerse, questo cammino lo ha reso più autentico.
Padre Leandro parla della sua esperienza nella prima Mariapoli in Spagna (Avila 1967), è ha percepito che quello era un nuovo carisma in contrasto con la realtà esterna. In quel gruppo c’era Ermano Rossi ed altri. I religiosi hanno svolto un ruolo fondamentale per la diffusione dell'ideale in molte persone.
Grati per queste storie e testimonianze, che si continuiamo a condividere durante la pausa, l’incontro riprende poi con Antonio Sotillo che ha presentato il completamento delle opere al Centro Mariapoli di Madrid.

Nel pomeriggio sono arrivati due giovani scolopi asiatici, che per alcune ore si sono aggiunti a questa avventura. Questo è stato il turno di Jos van Boxel che ha spiegato il blog del Centro dei Religiosi, le funzioni e le azioni dello stesso con la Branca. Poi, condivide la sua esperienza da quando era socialmente impegnato con i giovani universitari di sinistra e i problemi che ha avuto per questo motivo. Ma da quando ha incontrato i Gen, che lo hanno esortato a cambiare se stesso invece di voler cambiare il mondo, partendo dalla Parola di Vita: "Non giudicare e non essere giudicati!", è iniziata un'esperienza nuova che lo ha portato a rivolgersi a Gesù Eucaristia per chiederGli aiuto. Così a poco a poco ha collaborato con i Padri Bianchi e li ha seguiti. È maturata così la sua esperienza africana, che gli ha permesso di condivide la grande sfida dell'inculturazione, il dialogo con le culture, imparando a farsi uno alla luce del Vangelo.


Più tardi Maria Rodriguez, una focolarina del Centro, presenta la cittadella “Castello Esteriore” (origine, significato, il luogo, la storia di Chiara), con la funzione di accoglienza per ospitare iniziative di ogni genere e promuovere i diversi aspetti e il sostegno delle associazioni ecclesiali e del Movimento. Presenta le foto degli edifici nella cittadella, ma soprattutto fa vedere le persone, perché sono queste le pietre vive di questa cittadella.

Juan Badía, focolarino, ci racconta del suo incontro con Joaquin Martinez, che non riesce più a parlare, ma ha rinnovato il suo sì a Gesù Abbandonato, dando il suo assenso con un dito. Angel Camino, che ha partecipato alla Messa con il cardinale nella Cattedrale in occasione della Giornata della Vita Consacrata, è andato prima da p. Joaquin a portargli i saluti e per assicurargli la vicinanza e l’unità di tutti. Gli ha aperto la mano perché leggesse la lettera dei religiosi e lui l’ha presa e l’ha baciata indicando poi il quadro di Gesù Abbandonato. Poi, Angel ha chiamato Pepe Paris che era in Focolare, assicurando a tutti (religiosi, focolarine e focolarini) l’unità di Joaquin, mentre lui in quel momento ascoltava e acconsentiva muovendo la testa.

Quest’ultima giornata d’incontro (3 Febbraio) è iniziata con la Santa Messa. La meditazione era stata preparata da Renata e Antonio (responsabili dell’indaco dell'Opera) sul tema: Gesù Abbandonato artefice di ogni riforma. I testi, tratti dal Paradiso '49 intercalati da qualche quadro artistico, ha preparato tutto il gruppo a scendere da quel "piccolo Tabor” danato da Dio in quei giorni. «E' stata una gioia per tutti e ora come sempre – ha detto qualcuno – partiamo con Gesù in mezzo. Grazie per l’apporto dato da tutti e al Padre Eterno per il regalo ricevuto in questi giorni così intensi». (Racconto elaborato da Mariano Steffan

sabato 11 febbraio 2017

Da rivoluzionario a missionario di Cristo

Castel Gandolfo (Roma), 27 gennaio 2017
Uno dei molti missionari d'Africa di oggi


Jos Van Boxel, belga, racconta in un convegno di 900 partecipanti che si è tenuto al Centro Mariapoli di Castel Gandolfo i suoi 23 anni trascorsi in Africa con i Padri Bianchi, di cui è stato Vice Superiore Generale per 6 anni. Tutto è partito dal suo primo incontro con il Movimento dei Focolari

Ero alla fine degli studi secondari. Fin da piccolo, da quando ascoltavo i racconti di uno zio missionario in Congo, ero affascinato dall’Africa. Non mi piaceva lo stile di vita borghese della società belga, di fronte alle povertà e ingiustizie sociali diffuse nel mondo. Mi interessava il pensiero di Julius Nyerere, primo Presidente della Tanzania. Il suo concetto di Ujamaa (in swahili ‘essere famiglia’) fu alla base delle politiche di sviluppo economico-sociali che, dopo il raggiungimento dell’indipendenza dalla Gran Bretagna portato in Tanzania alla costruzione di una pacifica coesistenza fra tribù e gruppi etnici. Il suo pensiero si basava sulla tradizione africana e sull’esempio delle prime comunità cristiane narrate negli Atti degli Apostoli.
Chiesi di entrare tra i Padri Bianchi, non tanto per un discernimento vocazionale, ma perché lavoravano in Tanzania. Ci accordammo per un anno di conoscenza. Arrivato nella loro casa, presso l’Università di Lovanio (Belgio), a loro insaputa cominciai a far parte di un gruppo maoista di estrema sinistra. Organizzavamo iniziative in favore dei paesi del terzo mondo e per l’indipendenza di Angola e Mozambico.
Durante una dimostrazione, la polizia trovò il mio nome su dei volantini e vennero a interrogarmi. Pensai che per me sarebbe stato meglio cambiare completamente strada. Oltretutto ero deluso dei miei amici, perché solo io stavo pagando il prezzo delle nostre azioni. Invece, il direttore spirituale mi invitò a restare e a conoscere un gruppo di studenti che si riuniva mensilmente da loro. Li avevo intravisti, mi sembravano con la testa fra le nuvole, parlavano di Gesù e di Vangelo. Ma accettai. La prima volta che partecipai a un loro incontro ascoltai in silenzio. Raccontavano come cercavano di praticare il Vangelo. Alla fine mi chiesero che ne pensassi. «Il Vangelo esiste da duemila anni e il mondo è ancora pieno di ingiustizie, sfruttamenti e oppressione». «Se vuoi cambiare il mondo, comincia da te stesso», mi rispose uno di loro. Non seppi che controbattere. «Da dove?», chiesi. Mi diede in mano la Parola di Vita di quel mese: «Non giudicare e non sarai giudicato».
Il giorno dopo, per quanto ci provassi, mi scoprii a giudicare sempre gli altri. Non faceva per me. Tornai a trovarli, per dire che era impossibile non giudicare. Mi esortarono a non scoraggiarmi e a ritentare dopo ogni fallimento. Tornato a casa, pregai Gesù Eucaristia: «Se Tu vuoi che io viva così, aiutami, perché da solo non posso fare nulla».
Trascorso l’anno accademico, ero sicuro che i Padri mi avrebbero chiesto di andarmene. Invece mi dissero che avevano notato un cambiamento in me e che, se volevo, avrei potuto iniziare la formazione. Attraverso il contatto frequente con quei giovani, erano i Gen che vivevano la comunione dei beni fra loro, e con l’aiuto del responsabile del Movimento dei Focolari in Belgio, ho trovato la mia strada e sono diventato missionario. Vivere per gli altri mi dava una grande gioia ed è così che ho scoperto il grande ideale dell’unità di Chiara Lubich e del Movimento.
Prima di partire per l’Africa, nell’82, sono stato ordinato sacerdote. La sfida più grande è stata quella di cercare un dialogo profondo con la popolazione del posto, praticando l’arte di “farsi uno”. Ho studiato la loro lingua e la cultura locale, per appropriarmi dei costumi della gente. Sperimento che, alla luce del Vangelo, tutto ciò che è bello, buono e vero viene sollevato a un livello più alto, il resto pian piano scompare.

Padre Joaquín, Oblato di Maria Immacolata, ha terminato la sua corsa

Madrid, Venerdì, 4 febbraio 2017


Era un gigante, un uomo dalla fede convinta

I religiosi di Madrid legati al Movimento dei focolari sono stati particolarmente vicino a p. Joaquín Martínez, visitandolo spesso e accompagnandolo fino alla fine, soprattutto Angel Camino, Daniel de Yzaguirre, Eleuterio del Dujo, Joaquin Vicente, Jose Damiàn.

Il Padre generale ha scritto di p. Joaquín Martinez: “Era un gigante, ha vissuto e respirato il carisma intensamente e con passione”. Ed il provinciale: “Un uomo della fede forte, convinta, un vero oblato, appassionato di Gesù Cristo, radicato nell’unità della Chiesa e dell’umanità”.
Ieri abbiamo celebrato la messa ricordando questo nostro amico scomparso venerdì scorso. Wojciech Popielewski si è chiesto quale fosse il vocabolario di p. Martinez, quali le parola che tornavano più spesso sulle sue labbra.
Ne ha ricordate tre. La prima: fede, una parola che usava spesso, di cui parlava come del tesoro datogli da Dio. Una fede trasmessagli dall’ambiente in cui era cresciuto, dalla famiglia numerosa e religiosa, dallo zio Santiago, missionario e fondatore della missione di Uruguay e Argentina. Una fede che gli diede la forza di venire a studiare a Roma, senza poter vedere la famiglia per nove anni. Una fede che gli permise di accettare tanti incarichi, da professore a maestro dei novizi, superiore, provinciale…
Comunione era un'altra parola che usava spesso nel suo linguaggio. Comunione con Gesù. Nei ricordi della sua vita P. Joaquin parlava di un momento di crisi profonda e dolorosa vissuta dopo 10 anni di sacerdozio. In una Mariapoli in Spagna trovò una luce nuova che gli consentiva di scrivere: “Nei momenti difficili e quando vengono i problemi, devo abbracciare la Croce e ricordarmi di Gesù Abbandonato”. Quando in questi ultimi mesi non poteva più leggere, guardava sul tablet l’immagine di Gesù abbandonato, la stessa che aveva nel quadro vicino al letto. Comunione con i fratelli: era la sua “debolezza”. Soffriva tanto quando mancava la comunione, quando veniva ferito, oppure quando pensava che qualcuno si sentisse ferito da Lui. Ripeteva spesso: “insieme, tutto insieme… un cuor solo e un’anima sola”.
La terza parola: fedeltà. Nel maggio scorso scriveva: “Sono grato a Dio che mi ha preso per mano e mi ha portato da Oblato fin qui. E lo supplico che mi conceda la grazia di essere fedele al quarto voto che facciamo noi oblati: perseverare fino alla morte nel nostro Istituto”.
La fedeltà dimostrata dai martiri Oblarti spagnoli era uno dei motivi per cui li amava particolarmente e ha lavorato con dedizione per la causa della loro beatificazione. E lui stesso era fedele. Non si dispensava mai dalle preghiere, celebrazioni, incontri, feste, anche quando era ammalato e stanco: “Bisogna essere fedeli al nostro ritmo di vita”. Portava in tasca un piccolo calendario, dove scriveva tutti i sui doveri…
Nel suo penultimo messaggio sul blog ha scritto da Madrid chiedendosi: “Tornerò a Roma, o resterò a Madrid? Quale sarà l’ultima tappa della mia vita? Il campo Verano o alla Tomba oblata a Pozuelo? Non so e questo non è la mia preoccupazione. Chiedo solo al Signore di darmi la pace interiore e quella gioia di poter accettare volentieri ciò che accade. Ho fatto l’oblazione perpetua tanti anni fa. E chiedo la grazia di vivere il quarto voto fino alla morte. Pregate per me, chiedendo solo questo: la perseveranza”. Le ultime parole scritte sul blog: “Voglio ringraziarvi per la carità fraterna la quale mi ha dato il coraggio di vivere l’ideale Oblato di comunità: Cor unum et anima una”. (Fabio Ciardi)

Inseriamo anche un breve profilo della sua vita da lui stesso raccontato.

MI ITINERARIO VOCACIONAL

 Durante la semana de oración por las vocaciones oblatas, en Roma, nos unimos las tres comunidades de la casa general para orar juntos. En una sencilla celebración de Vísperas se intercalaba un testimonio de cómo y por qué uno se había hecho Oblato. A mí me tocó el último. Se hablaba lógicamente en italiano. Hago una traducción aproximada.
Me han pedido que exponga la génesis e itinerario de mi vocación en 5 minutos. Mi primera reacción fue: ¿cómo voy a sintetizar en 5 minutos  56 años de sacerdocio,  62 de vida religiosa y 82 años de edad? Intentaré decir algo.
Yo nací y crecí en el seno de una familia numerosa, muy religiosa, en un pueblo  http://acebesdelparamo.weebly.com/acebes.html  practicante al 100 % que ha dado a la Iglesia varias  personas consagradas. En los años 60, cuando la parroquia  contaba con unos mil habitantes, éramos unos 40 religiosos y religiosas, pero ningún cura diocesano. Dos se salieron y otros/as han muerto. Aún quedamos unos treinta: un Obispo salesiano, 10 religiosos  y 20 Religiosas  http://acebesdelparamo.weebly.com/religiosidad.html  
En mi adolescencia, si alguien pensaba “ir a los frailes” equivalía a ir a los salesianos y el párroco les  preparaba los candidatos.  Yo fui el primer “cismático”. Tenía cerca de quince años cuando también yo pensé “ir a los frailes”. ¿Por qué me orienté hacia los Oblatos? Desde niño se hablaba en familia de “tío Santiago”, hermano de mi padre. Era del H. Santiago Martínez García (1891-1970), uno de los cinco Oblatos pioneros enviados a fundar en Uruguay y después en Argentina. Yo no lo conocía, porque estuvo en Hispanoamérica 18 años sin volver a España; pero tenía frecuente correspondencia postal con mi padre. Éste me dictaba las cartas y yo escribía. Además en casa había algunos números de la antigua revista oblata La Purísima, de antes de la guerra.
En 1948 un Oblato de Argentina, el P. Ceferino Castellanos, vino a su pueblo, cercano al mío, para visitar a su anciana madre. Mi padre fue a verlo para tener noticias de su hermano. A la vuelta me dice: “¿Tú no querías ir a los frailes? Vete a hablar con el P. Castellanos”. Éste se ocupó de todo;  pero entonces en el juniorado había “numerus clausus” y ya no había plaza. Entonces el párroco, amigo de los Hnos. de las Escuelas Cristianas, quería mandarme a su aspirantado. “No, yo quiero cantar Misa”. Habló con mi padre para orientarme al seminario diocesano  de Astorga, prometiéndole incluso una beca. “No, yo quiero ser sacerdote misionero”.  Finalmente, gracias a la insistencia del P. Castellanos, me recibieron los Oblatos y comencé el juniorado en Hernani para terminarlo en El Abrojo.
A los 19 años conocí a mi tío, el Hermano Santiago, que regresó a España. Era poco antes de ir yo al noviciado. Éste fue un año de gracia. El 25 de julio de 1954 hice la primera oblación y pasé a Pozuelo para el escolasticado. Ya habíamos comenzado las clases, cuando inesperadamente me dicen que me dé prisa para sacar el pasaporte para ir a Roma lo antes posible. Como ya había comenzado el curso también en Roma, ni siquiera pude ir al pueblo para despedirme de la familia. Así que pasarían 9 años sin visitarla. ¡Eran otros tiempos!
Si me hubieran preguntado si quería ir a Roma, mi respuesta era clara: No, porque quiero ir a misiones y los que estudian en Roma regresan a España. Pero como acababa de hacer el voto de obediencia… A posteriori doy gracias a Dios por esos 7 años sin salir de Roma. En España no hubiera podido conocer tan a fondo entre otras cosas, la internacionalidad de la Congregación ni la catolicidad de la Iglesia.
En 1961, ya sacerdote y terminada la formación primera, según la norma, escribo al P. General para recibir la “primera obediencia”. Disponible a todo, le sugería mi preferencia por las misiones extranjeras. Supe que “oficiosamente” ya estaba destinado a Chile; pero pidieron el parecer al Provincial de turno y éste lo bloqueó: me reclamaba para la propia Provincia. Mis proyectos no son vuestros proyectos, dice el Señor (Cfr. Is. 55, 8-9).
Desde 1961 y de vuelta a España ¿a qué me he dedicado?
A muchas cosas, demasiadas. He aquí algunos de los servicios y ministerios: mi primer destino fue Málaga donde me hago cargo del pequeño colegio Mazenod (desaparecido); me trasladan a El Abrojo,  profesor en el Juniorado; Delegado provincial de vocaciones, colaboro con el Secretariado de Vocaciones de la CONFER y me confían el naciente Boletín que convierto en la revista de pastoral vocacional “Todos Uno” (suprimida); en Pozuelo  me encargan de transformar el nuevo escolasticado en casa de espiritualidad, Emaús: ejercicios y convivencias con jóvenes sobre todo; subdirector de la revista oblata, el director cae en la depre y me la confían, pero con algún otro instituto misionero decidimos fundirla en la revista de las O.M.P. Catolicismo, que pasó a llamarse Pueblos del Tercer Mundo y en el 2000 cambia cabecera por Misioneros Tercer Milenio: miembro de la redacción al principio, ahora sólo soy un simple “colaborador”. Profesor de Religión en Institutos diversos: Pozuelo, Villa Cisneros (Dajla), Jaén; catequesis y pastoral parroquial,  maestro de novicios, superior local en diversas comunidades, Superior provincial, etc. Por fin, con 70 años, me envían a Venezuela donde pensaba dejar mis huesos; pero poco después me llaman a Roma para el escolasticado internacional. Una vez aquí, me nombran Postulador general de las Causas de los Santos, cargo del que he dimitido por razones de edad (80 años). Actualmente sigo en Roma formando parte del equipo de formación del Escolasticado Internacional. “Hombre de muchos oficios, pobre seguro”, oí en mi pueblo. Ése soy yo.
Este sería el marco del cuadro. ¿Pero la pintura, mi vida oblata?  Me limitaré a dar un par de pinceladas.
La primera pincelada sería afirmar sin ambages que en todos esos ministerios siempre he sido entusiasta de mi vocación oblata y nunca he tenido dudas serias de que éste era mi camino, el proyecto de vida que Dios tenía destinado para mí.
Sin embargo en 1970, con 10 años de sacerdocio, sufrí una crisis profunda. Yo estaba enfrascado en un activismo frenético. Por otra parte eran los turbulentos años de la contestación. Parecía que todo se iba  a derrumbar. La Iglesia del posconcilio estaba desconcertada y dividida. También los Oblatos, que hicieron experiencias arriesgadas en el campo de a formación y que, en mi opinión, quemaron vocaciones de jóvenes Oblatos.
Yo estaba en Pozuelo entregado en cuerpo y alma en la Residencia del Pilar (que para evitar confusiones hubo que denominar después Emaús); pero encontraba una fuerte oposición por parte del Escolasticado: yo les había “usurpado” el nuevo edificio: “¡esa casa es nuestra!” No bajo a más detalles; pero hastiado del acoso, si no pensé en abandonar la Congregación fue por mi vocación misionera. Quería irme de España. Escribí a los Oblatos de Camerún y del Congo. Ambos Provinciales que acogían gustosos.
Pero algo me decía que esa decisión no era honesta: yo había elegido a los Oblatos para ir a misiones; pero ahora quería huir a las misiones. Lo expuse al Provincial de turno (Ramón Pardo) y le dije que, para hacer el discernimiento justo, quería hacer un “segundo noviciado”.  Él se resistía a que estuviera ausente seis meses y me sugirió hacer el mes ignaciano, más breve y clarificador. Pero ocurrió algo inesperado: la Mariápolis.
Durante mis años de escolástico en Roma tuve contacto con la Obra de María o Movimiento de los Focolares. En 1970, en medio de esa confusión ambiental y personal, caí sin querer en una Mariápolis (Burgos, agosto 1970). Allí y a la luz de esa espiritualidad caí en la cuenta de que la raíz de todos mis problemas y conflictos era yo mismo, que no quería abrazar la Cruz (Jesús Abandonado)  y transformar esa losa que me aplastaba en trampolín para dar un salto de calidad. Vi claro. Ya no necesitaba los ejercicios de S. Ignacio; pero fui a Manresa, para poder descansar. Fue un mes y una gracia extraordinaria que me clarificó aún más la decisión a tomar.
Puedo afirmar que la espiritualidad de la Obra de María nunca ha sido obstáculo para mi vocación oblata, al revés, ha sido un estímulo para conocer mejor a nuestro Fundador y para entusiasmarme con nuestro carisma. Sin embargo tenía la impresión que para algunos de mis hermanos Oblatos yo era un interrogante: ¿era oblato o focolarino?
En 1992 el Provincial (Eutimio) se hallaba en apuros buscando un director para los inminentes ejercicios anuales de la Provincia.  Me lo propuso y yo me resistí a aceptar. ¿Dar los ejercicios a mis hermanos Oblatos, algunos de los cuales habían sido mis formadores? Me acordé del dicho oído a mi abuelo: “Yo que te conocí verde cerezo paso por delante y no te rezo”, equivale al dicho evangélico que nadie es profeta en su tierra. ¡Me sería más fácil darlos a un grupo de Obispos! Pero insistió y claudiqué.
¿De qué les hablé? De los principios fundamentales de toda vida auténticamente cristiana, pero con los temas de la espiritualidad que yo mejor conocía: Dios-Amor, Opción radical por Dios, La Voluntad de Dios, el Mandamiento Nuevo del amor recíproco, la Cruz (Jesús Crucificado y Abandonado), la Iglesia, María, etc. Ilustraba todo eso con “experiencias”, no mías o de otros religiosos, como hacía con otros ejercitantes, sino con textos del Fundador  demostrando  cómo había vivido San Eugenio todo eso. Alguno se convenció de que yo conocía al Fundador quizá más que él y me pidió las fuentes de esa oblatología.  Esto fue mi ruina, pues cayeron muchos prejuicios y pocos meses después me nombraron Provincial.
Mi mandato como Provincial (6 años) tienen que juzgarlo otros. Personalmente puedo decir que me costó aceptar, que fue una experiencia fuerte con alegrías y dolores; pero experimenté más de una vez la “gracia de estado” y traté de “vivir el otro”, “hacerme uno” con mis hermanos, a costa de no preocuparme ni vivir para mí, sino para ellos, sobre todo en la oración.
Otra pincelada importante de mi vocación oblata es la siguiente.
En 1976, a raíz de la beatificación del Fundador (1975) se celebró en Roma el 1er. Congreso sobre el carisma oblato: “El Carisma de San Eugenio de Mazenod hoy”. Coordinador,  el P. Macelo Zago, siendo General  el P. Fernando Jetté. Fue el primer jalón en ese fecundo camino. Yo tuve la suerte de participar. Era para especialistas e investigadores. Yo no lo era; pero pasó por El Abrojo el P. Albert Schneider, Consejero general, vio lo que yo estaba preparando para la beatificación y me invitó.  En este congreso pude ver más claro que nunca cuál era el corazón del carisma oblato. Cuando comenzamos con la lluvia de palabras clave, saltó la primera: Jesucristo. Después vendrían la evangelización, los pobres, la comunidad, la Iglesia, María… Pero el centro de todo era JESUCRISTO. Por eso me encanta la alocución del papa Juan Pablo II a los capitulares de 1986. El P. Jean Drouart decía que aquel capítulo general hubiera valido la pena sólo por esas palabras:
“La question fondamentale qu’il pose aujourd’hui à tous ses fils par la voix du Successeur de Pierre, est brève et bouleversante: Jésus-Christ est-il bien au cœur de votre vie?
"La interpelación fundamental que S. Eugenio os plantea por boca del Sucesor de Pedro es breve e inquietante: ¿Jesucristo es de verdad el corazón de vuestra vida?”  
Esto debiera ser el hilo de oro de mi vocación oblata: acoger a Cristo, como María, para darlo al mundo. Tengo que confesar que ese no es mi ser sino mi deber-ser.
Para terminar, diré que más de una vez he oído a algún religioso: “Cien veces naciera, cien veces me haría…” (de la Congregación X, la suya, claro). Esa afirmación contundente  me parece huera, pues no se trata de una hipótesis, sino de una veleidad.  Yo me limitaré a reiterar que nunca he dudado seriamente de la vocación a la que me siento llamado, doy gracias a Dios por haberme conducido de la mano hasta aquí y le pido que me dé la gracia de ser fiel al cuarto voto que pronunciamos los Oblatos: “Perseverar hasta la muerte en el santo instituto y Sociedad de los Misioneros Oblatos de la Santísima e Inmaculada Virgen María. Dios me ayude. Amén”.
 Roma, 27/05/ 2016
Joaquín Martínez Vega, o.m.i.