mercoledì 19 dicembre 2018

Video dell'incontro dei Giovani Religiosi sul Sinodo




Pubblichiamo una sintesi della giornata dell'incontro per giovani consacrati e consacrate avvenuto il 25 novembre 2018 nell'Aula Magna dell'Accademia Alfonsiana.



 





martedì 18 dicembre 2018

Un ondata di vita


Palermo, 16 dicembre 2018


Un’ondata di vita promossa da sacerdoti consacrate e consacrati



Che splendido l’incontro quello dei religiosi l’estate scorsa a Roverè (Verona) con grandi novità, tra le quali la presenza di un gruppo di consacrate (fra cui una suora della mia parrocchia), quella di un gruppetto di giovani consacrati/e, che, pur essendo alloggiati in una località vicina, hanno avuto dei momenti comuni con noi. Poi, l’avvio ufficiale della rivista  Ekklesia, che fonde insieme le due attuali riviste Gens e Unità e Carismi, un progetto che è diventato una felice realtà. Da ultimo, ma primo per l’importanza, l’approfondimento di alcune pagine del Paradiso ’49 con una videoconferenza con Jésus Morán, copresidente del Movimento dei focolari!

Nel giugno scorso qui a Palermo un giovane ed entusiasta sacerdote del Burundi ha conseguito la Licenza in Sacra Teologia, con un incoraggiante riconoscimento: “summa cum laude”. La sua tesi trattava della Chiesa burundese e la risposta che sta dando alle povertà indicate dal Concilio Vaticano II. Erano presenti molti della Parrocchia palermitana dove svolge il suo ministero ed altri del Movimento.
A metà luglio la visita al nuovo Vescovo di Cefalù, la mia diocesi di origine, è stata per lui l’occasione per intrattenersi in modo familiare con il Movimento dei Focolari della diocesi. Il fraterno abbraccio e l’impegno di ricordarci reciprocamente nella preghiera sugellava questo rapporto.

Un fatto importante, che ha lasciato il segno, è stata la splendida visita di Papa Francesco a Palermo, avvenuta verso la metà di settembre. Per noi fu l’inizio del nuovo Anno Sociale. In occasione del 25° del martirio del Beato Pino Puglisi noi sacerdoti, religiosi e consacrate ci siamo coinvolti nei preparativi e specialmente nella solenne e pur semplice Concelebrazione al Foro Italico e nella Cattedrale dove eravamo a pochi metri dall’altare con i seminaristi. I frequenti applausi al discorso del papa, la partecipazione così emozionante alle sue parole tanto esigenti, sono stati per noi momenti indimenticabili. 
 Successivamente abbiamo iniziato i nostri incontri mensili in focolare coi sacerdoti, religiosi e consacrate secondo un programma che si alternava: una volta sacerdoti e religiosi distinti, poi insieme con le consacrate. All’incontro di novembre eravamo in 14, fra cui due nuovi arrivati: uno del Madacascar e l’altro del Burchina Faso. In questo gruppo è passato anche un Diacono di rito greco-bizantino. Inoltre, si è parlato anche del programma di Sofia, del corso “Svegliate il mondo” e della rivista Ekklesia.
Attraverso le mie email periodiche raggiungiamo un’altra decina di religiosi e consacrati presenti anche delle diocesi vicine di Monreale, Trapani e Mazara del Vallo. Tanti altri venivano raggiunti con lettere personali congiunte a quelle periodiche, firmate da P. Vincenzo Ruggiero e dal sottoscritto. 
Tra le religiose del nostro gruppo sono avvenuti cambi e trasferimenti. Suor Salvatrice, ex Superiora Generale, è andata a Loppiano e Suor Caterina è partita per le Filippine.

Facendo visita con P. Vincenzo camilliano e a P. Angelo Grasso salesiano che sono a Marsala, abbiamo incontrato anche P. Salvino francescano conventuale del Centro P. Massimiliano Kolbe di Carini (PA). Ci siamo proposti di fare insieme qualche ritiro sulla Spiritualità di comunione ad alcune comunità religiose che lo hanno richiesto, e di lanciare qualche piccolo segnale che riguarda più direttamente il movimento dei religiosi.

Ma la realtà più significativa e più promettente, in riferimento all’Opera in loco, ci è sembrata l’evoluzione interna della comunità oblata di Palermo col suo sviluppo di ministero pastorale con i migranti. A fine settembre, infatti, è arrivato P. Adriano, con la sua grande esperienza missionaria e formativa svolta in Africa ed ora nominato Superiore della Comunità oblata di Palermo. Lui è l’Amministratore Parrocchiale della nuova Parrocchia di S. Nicola da Tolentino, collocata nel Centro Storico dove abita la gran parte dei migranti. Con lui abbiamo iniziato l’Anno Sociale, mettendo in programma alcuni giorni di verifica e di progettazione preceduti da mezza giornata di ritiro. Il clima della comunità religiosa è felicemente migliorato, grazie all’entusiasmo e all’impegno di tutti di vivere l’amore reciproco! Insieme e con lo stesso stile, stiamo mettendo le stesse basi nella Parrocchia a noi affidata, mentre la ristrutturazione della abitazione attigua, dove ci trasferiremo, è già a buon punto. Quindi, il passaggio dalla Parrocchia di periferia, dove eravamo presenti da 16 anni, a qui sarà effettuato a breve.
Intanto si lavora pastoralmente con tutta la parrocchia e con i vari gruppi etnici con un progetto armonico, in unità e distinzione, e in accordo con le vicine parrocchie gestite soprattutto da comunità religiose. Il Parroco di una Parrocchia vicina, che è presente nei nostri incontri in focolare, è particolarmente interessato a queste forme di collaborazione. Particolarmente contento di tutto questo è don Vito, un docente nella vicina Facoltà Teologica e collaboratore diretto del Vescovo! Un giovane oblato arrivato dello Sri Lanka, successore del precedente cappellano degli srilankesi, è felice del nostro progetto e, perciò, questa estate il nostro P. Sergio si è recato in Africa per favorire il dialogo tra alcuni vescovi del posto con la nostra diocesi di Palermo.
di Giovanni Fistaino 
Oblato di Maria Immacolata

domenica 2 dicembre 2018

Les visages de l’attente

Fribourg (CH), 30 novembre 2018




Les visages de l’attente: le Père Joseph Kuster 


 par Bernard Litzler
(vedi sotto la versione italiana)


En ce temps de l’Avent, cath.ch va à la rencontre de témoins. Ainsi le Père Joseph Kuster, 81 ans, membre de la Société des Missionnaires de Bethléem. Un missionnaire souriant, façonné par la spiritualité des Focolari et de sa fondatrice Chiara Lubich.

 L’Avent, temps de l’attente… Pour le Père Joseph Kuster, qui reçoit dans la maison des Missionnaires de Bethléem, sur la colline de Torry, à Fribourg, l’attente comporte diverses facettes. Dans la génération des aînés, que peut-on attendre? A quelques jours d’une opération du cœur, le religieux attend que le passage à l’hôpital se passe bien.

Mais la question va plus loin. Pour une personne âgée, quand les années passent, qu’attend-on? “La rencontre définitive, dit-il, la rencontre avec Celui qui m’a appelé et que j’ai pu choisir. Je sais qu’il me donnera son amour miséricordieux, car le Christ s’est livré pour moi. Je n’ai rien à craindre de lui, malgré mes déficiences’’.

Le père Kuster a grandi avec l’image d’un “Dieu juge qui observe’’. “Ça m’empêchait de me sentir vraiment heureux. Il restait toujours un peu de tristesse dans mon cœur’’.

Une nuit sans dormir

En 1969, lors d’une rencontre de religieux, il éprouve ce qu’assurait Chiara Lubich, la fondatrice du mouvement des Focolari: “Dieu t’aime infiniment, immensément’’. Dans un moment de prière, Joseph Kuster fait une expérience renversante, comme un éclair. Il comprend: Dieu l’aime, infiniment. Il s’en remet, joyeusement: “C’est la seule nuit que j’ai passée sans dormir, tellement j’étais heureux, confesse-t-il, sourire en coin. C’était comme un deuxième noviciat… Il y a vraiment eu un avant et un après’’.

“Que Dieu devienne chair, plus j’avance, plus cela me laisse bouche bée.”

Son entourage le confirme: il est devenu souriant. “Mes confrères ont mis ça sur le charme de la Suisse romande, où je venais de déménager’’. Car la réputation des Focolari, à l’époque, “était mauvaise’’. “Pensez donc: un mouvement lié au pape!”.

Obéir par amour

Mais pour Joseph Kuster, au contraire, les “Foco”, c’était “l’Evangile traduit en vie”. Car durant sa formation, avant le concile Vatican II, l’époque était davantage à la contestation, à la critique de la vénération mariale, etc. “En fait, les Focolari donnent la première place au Christ, comme Marie… Et obéir par amour donne une liberté plus grande que d’être soumis à sa liberté personnelle”.

Aujourd’hui, le religieux fribourgeois appartient à la branche religieuse des Focolari. Grâce à ces derniers, il a redécouvert les fondements de sa propre famille spirituelle. “La simplicité de l’enfant de Bethléem, c’est notre modèle. Avec l’amour du Père et la préférence pour les pauvres”.

Vivre comme Marie

Et l’Incarnation ?… “Noël, c’est l’Emmanuel, Dieu avec nous. C’est central pour nous, les Missionnaires de Bethléem. Que Dieu devienne chair, plus j’avance, plus cela me laisse bouche bée. C’est une grande joie, car Dieu est descendu au plus bas. Il est né pauvre, exilé, réfugié. C’est comme s’il nous disait: là où vous souffrez, j’y suis aussi”.

Aujourd’hui, le père accompagne spirituellement une douzaine de personnes. “Parfois, je ne sais pas trop que dire et je laisse le silence. Et les personnes trouvent les réponses d’elles-mêmes, confie-t-il. Chez les Focolari, j’ai beaucoup appris. Il ne s’agit pas de faire des dévotions mariales, par exemple, mais de vivre comme Marie dans son silence, son écoute profonde. Il ne s’agit pas de faire des exercices pieux, mais une vie à l’image de Marie”. Etre Marie… Comme un chemin d’Avent permanent.



Un rêve missionnaire

Né en 1937 à Engelberg, Joseph Kuster, issu d’une famille nombreuse, entre en 1957 au noviciat des Missionnaires de Bethléem. Son rêve? “Aller en Mandchourie”. Avec l’arrivée de Mao au pouvoir, le rêve échoue. A la fin de ses études, on lui demande d’enseigner le latin et le français au centre de formation des Missionnaires à Rebstein (SG). Il accepte, par obéissance. Finalement il part en Colombie en 1982. Il va y rester cinq ans, avant de revenir en Suisse. “J’ai mis deux ans à accepter mon retour ici”, avoue-t-il.

En 1984, il est nommé curé à Montet, dans la Broye, où il se rapproche des Focolari, présents sur la paroisse. Il y restera jusqu’en 1994. Aujourd’hui, il vit avec des confrères à Fribourg. Mais son aventure spirituelle avec le mouvement de Chiara Lubich se prolonge jusqu’à aujourd’hui.


Versione Italiana
Friburgo (Svizzera), 30.11.2018
I volti dell'attesa: padre Joseph Kuster della Società dei Missionari di Betlemme
di Bernard Litzler
Padre Joseph Kuster, 81 anni, è membro della Società dei Missionari di Betlemme. Un missionario sorridente, plasmato dalla spiritualità dei Focolari e dalla sua fondatrice Chiara Lubich.
Avvento, tempo dell'attesa ... Per padre Joseph Kuster, che nella sua casa sulla collina di Torry a Friburgo accoglie dei Missionari di Betlemme, l'attesa ha varie sfaccettature. Da una generazione di anziani cosa possiamo aspettarci? A pochi giorni di un'operazione al cuore, il religioso è in attesa che il suo ricovero in ospedale vada bene.
Ma questo aspetto della propria salute va ben oltre. Per una persona anziana, quando passano gli anni, cosa ci si aspetta? "L'incontro finale, ha detto, l'incontro con Colui che mi ha chiamato e ho potuto scegliere. So che mi accoglierà con il suo amore misericordioso, perché Cristo si è donato a me. Non ho nulla da temere da lui, nonostante le mie mancanze ''.
Padre Kuster è cresciuto con l'immagine di un "Dio-giudice che controlla". "Questo mi ha impedito di sentirmi davvero felice. Nel mio cuore c'era sempre un fondo di tristezza.”
Una notte senza dormire
Nel 1969, durante un incontro di religiosi, avverte che Chiara Lubich, la fondatrice del Movimento dei Focolari, lo rassicurava: "Dio ti ama infinitamente, immensamente''. In un momento di preghiera, Joseph Kuster è preso da un'esperienza sbalorditiva, come un lampo di luce. Capisce che Dio lo ama, infinitamente. Egli si china con gioia verso di lui: "Questa è l'unica notte ho passato insonne, ero così felice – confessa - sorridevo. Per me era come un secondo noviziato ... C'è stato davvero un prima e un dopo nella mia vita".
Un Dio che diventa carne! Più vado avanti, più questo mi lascerà senza parole".
Coloro che le sono vicini lo confermano: ora è sorridente. "I miei confratelli hanno ritenuto che questo fosse dovuto al fascino della Svizzera francese, dove mi ero appena trasferito". Perché la reputazione dei Focolarini, in quel tempo, non era buona. "Pensate: un movimento papista".
Obbedire per amore
Ma per Joseph Kuster, invece, i focolarini, "Foco" venivano detti, non era altro che "il Vangelo tradotto in vita." Perché durante la sua formazione, prima del Concilio Vaticano II, c’era un tempo di protesta, di critica della venerazione mariana, ecc. "In effetti, il Focolari mettevano al primo posto  Cristo, come Maria ... e- dicevano- obbedire per amore dona una libertà più grande ancora di quella personale, alla quale ti sei sottoposto".
Oggi, questo religioso di Friburgo appartiene alla branca religiosa dei Focolari. Grazie a questi, ha riscoperto le basi della sua stessa famiglia spirituale. "La semplicità del bambino di Betlemme che è il nostro modello, Dio amore e la scelta preferenziale per i poveri ".
Vivi come Maria
E l'incarnazione? ... "Il Natale è Emmanuele, Dio-con-noi. Questo è centrale per noi Missionari di Betlemme. Che Dio diventi carne! Più andrò avanti, più mi lascerà senza parole. È una grande gioia questa, perché Dio è sceso al livello più basso. È nato povero, esiliato, rifugiato. È come se ci stesse dicendo: dove soffri, lì ci sono anch'io. "
Oggi il padre accompagna spiritualmente una decina di persone. "A volte non so cosa dire loro e rimango in silenzio. E le persone trovano le risposte da sole. Tra i Focolarini ho imparato molto. Non si tratta di fare delle devozioni mariane, per esempio, ma di vivere come Maria, nel suo silenzio, nel suo ascolto profondo. Non si tratta di fare pii esercizi, ma di condurre una vita a immagine di Maria". Essere Mary ... Come un continuo cammino viaggio d'Avvento.
Un sogno missionario
Nato nel 1937 a Engelberg, Joseph Kuster, di famiglia numerosa, si unì ai novizi missionari di Betlemme nel 1957. Il suo sogno? "Andare in Manciuria". Con l'arrivo di Mao al potere, il sogno fallisce. Alla fine dei suoi studi, gli fu chiesto di insegnare latino e francese presso il Centro di formazione per missionari a Rebstein (SG). Accetta, per obbedienza. Alla fine, nel 1982si trasferì in Colombia. Vi rimase per cinque anni prima di tornare. "Ci sono voluti due anni prima di accettare di ritornare", ammette con rammarico.
Nel 1984 è stato nominato parroco a Montet, nella Broye, dove si è avvicinato di più ai Focolarini presenti nella parrocchia. Rimase lì fino al 1994. Oggi vive con i confratelli a Friburgo. Ma la sua avventura spirituale con il movimento di Chiara Lubich tutt’oggi continua.

mercoledì 21 novembre 2018

Un salesiano dal carattere focoso ma carico di umanità


Don Benito Gazich

Sacerdote Salesiano




* Zara (Za) 29 novembre 1928 - Mestre (Ve)  11 aprile  2018




Don Benito Gazich è partito per la Mariapoli Celeste attorniato dall'amore di due dei suoi fratelli salesiani che stavano recitando l’Ave Maria. Era il mattino dell’11 aprile quando il Signore è venuto a riprendersi don Benito Gazich. Aveva 89 anni e dopo giorni di intensa sofferenza, offerta coscientemente a Dio, s’abbandonò alla Misericordia del Padre, a Maria Ausiliatrice che, da vero salesiano, amava tanto, a Don Bosco suo fondatore e ai Santi del Paradiso.

Ancor ragazzino la sua mamma gli scrisse: Pensa, mio Benito, che tuo padre ha perso la vista tre mesi prima che nascesse il primo figlio, Toni. Ti sembra che io non abbia fatto abbastanza per allevare tutti voi? La sua mamma ha avuto dieci figli: 6 fratelli e 3 sorelle, di cui lui era l’ultimo. Questo fu per lui un ricordo indelebile che commentò così: Questo è l’amore, la fede in Dio, il senso del dovere, lo spirito di sacrificio, il senso pratico della vita che caratterizzò mia mamma. Un vero dono di Dio!

A 20 anni Benito entra nell’aspirandato di Trento e nella primavera del 1950 presenta la domanda per entrare nella Congregazione Salesiana. In quella domanda troviamo la motivazione della sua scelta: Durante la mia permanenza in questo Istituto ho potuto osservare l’opera svolta da Lei, sig. direttore, e dai suoi confratelli e ne sono rimasto ammirato. Il mio desiderio di dedicarmi completamente alla salvezza della gioventù, ha trovato in ciò un appoggio ed è potuto maturare nella decisione risoluta di scegliere la Congregazione Salesiana come campo delle mie future attività spirituali. Questo suo direttore presentava al noviziato Benito con queste espressioni: Entusiasta della sua vocazione. Carattere ottimo. Giovane aperto, di pietà. Promette assai bene.

Infatti, trascorre senza ostacoli i suoi anni di formazione e, dopo l’ordinazione sacerdotale, svolge i suoi compiti di insegnante di lettere e preside in diverse case salesiane finché le forze glielo permettono.

Non gli sono mancati gli ostacoli che lui annota nel suo diario, soprattutto quando ha avuto un crollo psicofisico. Lui stesso scrive:

Educato a un rigido senso del dovere, avevo retto male una situazione stressante, uscendone con un grosso esaurimento nervoso e con un accentuato grado di sfiducia in me stesso e negli altri. Da qualche anno il senso e la gioia della mia vocazione salesiana e sacerdotale si erano andati appannando in me. La santità, verso cui avevo pur cercato di tendere con sincero e generoso slancio ascetico, mi sembrava non più fatta per me. Mi trovavo in questa situazione, quando mi ricordai dell’invito, fattomi qualche anno prima da un amico salesiano, a partecipare all’incontro sacerdotale che si svolgeva nel mese di luglio a Rocca di Papa, vicino a Roma. Vi andai, mosso più che altro dalla curiosità, che da una speranza di aiuto.

Siamo nel 1973. Mi trovo immerso in una marea di oltre 700 sacerdoti, provenienti da tutto il mondo. C’è un clima di serenità, di gioia e di amore reciproco che mi prende e mi coinvolge.

Le parole che sento su Dio Amore penetrano profondamente nel mio animo e riportano a galla con una forza irruente, la certezza dell’amore di Dio che avevo avvertito nella mia giovinezza. Questa volta in una dimensione pratica e concreta: si tratta di amare. E ciò è sempre possibile. Poter amare! Riscopro di colpo la gioia e il senso della vita come risposta all’amore di Dio. Comprendo con indubitabile chiarezza e forza che la santità è possibile anche per me, perché Dio mi ama così come sono, col mio sistema nervoso debilitato. Basta che io creda al suo amore e Lo riami nel prossimo che mi mette accanto. Mi sento rinato.”

Nel 1978 Chiara Lubich stessa gli aveva dato questa frase della sacra scrittura che da allora in poi ha caratterizzato la sua vita: Osserva la gioia che ti viene da Dio (Bar 4, 36). Infatti, fu sempre pieno di gioia salesiana e focolarina. Seguace entusiasta del Carisma dell'unità, è stato un vero testimone dell’Opera di Maria. In tutte le circostanze della vita, specialmente quelle più difficili, rimase fedele a Gesù Crocifisso e Abbandonato.

In seguito a questa rinascita spirituale ne sono arrivate molte altre, ma queste trovano presto una soluzione. Ecco cosa scrive:

Amando Gesù in ogni prossimo, ho visto che la mia nuova vita coinvolgeva anche i ragazzi. Un giorno, in cui avevo perso la pazienza in classe e facevo fatica a ricuperarla, un ragazzo alza la mano e mi dice: “Professore, perché non leggiamo una frase del Vangelo per vedere cosa fare? E torna la bonaccia. […] Un altro giorno ero assai irritato perché avevo trovato molti ragazzi impreparati. Dopo lungo silenzio, in cui stentavo a ricuperare il controllo, un ragazzo alza la mano per essere interrogato. Cerco di amarlo, rivolgendogli delle domande facili. Lui risponde bene. Continuiamo coì per un bel tratto finché il ghiaccio si scioglie e un po’ alla volta altri ragazzi alzano la mano per rispondere”.

Nel 1994 d. Benito è colpito da un infarto. Ricordando questo momento scrive: ”Ricoverato all’ospedale mi sento debolissimo, ma non mi rendo conto della gravità. Dopo le prime cure, intuisco la situazione. Un senso di paura mi assale al pensiero che avrei già potuto essere davanti a Dio, o giungervi tra breve. Mi sento con la mani vuote. Mi trovo nel buio. All’improvviso, lentamente, un pensiero come un barlume s’accende in me. Un pensiero semplice sentito tante volte: basta fare la volontà di Dio nel momento presente! La volontà di Dio! Ecco cos’è l’infarto – mi dico: è un segno dell’amore di Dio per me. Ritrova la serenità e riprende in mano la sua vita di donazione agli altri buttandosi ad amare il prossimo.

Infine, termina i suoi ultimi anni a Monteortone (2013/febbraio 2018) e in seguito ad un crollo della salute termina la sua corsa alla casa "Artemide Zatti" di Mestre.

Fu un salesiano felice della sua vocazione che ha lottato col suo carattere dalmata forte e focoso.

Ma questa lotta lo ha portato ad avere un bel tratto di umanità, perché mai desiderava chiudere la porta in faccia a nessuno. Anche dopo un po' di tempo che non lo si incontrava sapeva accoglierti con un bel sorriso, una battuta e un ricordo.

Lui stesso ha preparato con una diligente e incredibile cura il biglietto ricordo che fu distribuito dopo la sua morte in cui si legge:

«Padre, quando mi hai chiamato alla vita mi hai affidato un diamante da incastonare sotto la guida dell’Ausiliatrice nel mosaico della fratellanza universale in un unico Padre, ampio come il sogno planetario di Don Bosco.

Ho compiuto la missione ed ora eccomi a casa a cantare in eterno, con l’immenso coro

di fratelli e sorelle festanti, le meraviglie del tuo amore.
Per tutto e per sempre grazie, Padre buono e misericordioso. Grazie a Te!» (Dal suo diario 24.1.2017).


martedì 20 novembre 2018

In Burundi la speranza nasce dalla “Chiesa in comunione”



Bujumbura, Foyer de Charité, 30 settembre -19 ottobre 2018.

 
I sacerdoti del Burundi s’interrogano
sulla loro vita di comunione


Nei mesi di settembre ottobre 2018 si sono svolti a Bujumbura tre ritiri per sacerdoti e religiosi sulla spiritualità di comunione. Questi ritiri venivano programmati ogni anno in Burundi, il tema poi ha trovato il parere favorevole della Conferenza episcopale, e furono realizzati in collaborazione con il Foyer de Charité di Bujumbura. Non è la prima volta che si svolge una simile iniziativa in Africa perché nell’estate 2017 l’abbé Léon Sirabahenda, sacerdote burundese, aveva animato, insieme ad una focolarina Florence Gillet, un ritiro sullo stesso tema a Lubumbashi nella Repubblica Democratica del Congo. I buoni frutti prodotti nei sacerdoti e religiosi congolesi presenti in quel ritiro, lo avevano spinto a organizzare una cosa simile anche nel suo paese. L’equipe di animazione era formata da Leon Sirabahenda, da Florence Gillet focolarina e da padre Mimmo Arena degli Oblati di Maria Immacolata. Ad essi si aggiunse anche la focolarina Monika Maria Wollf che sostituì Florence nel terzo ritiro.



Il tema centrale impostato sulla spiritualità della comunione sarebbe stato dato a tre voci: Florence e poi Monika Maria, avrebbero accompagnato i sacerdoti nell'approfondimento esegetico del capitolo 17 del Vangelo di Giovanni, mentre l’abbé Leone e padre Mimmo avrebbero aiutato i sacerdoti ad applicare questo spirito di comunione nella vita ecclesiale e pastorale. Altre due attività sono state introdotte per favorire la comunione: delle esperienze sul Vangelo vissuto e di comunione realizzata. Questo aspetto è stato affidato ai Focolari del Burundi che avrebbe scelto delle persone che avrebbero comunicato la loro esperienza a conclusione di ogni conferenza. Non sono mancati, infine, i momenti di comunione anche fra i sacerdoti che si sono svolti in un clima di raccoglimento e di silenzio, come giustamente avviene nei Foyers de Charité.



Gli animatori, quindi, dopo una preparazione remota e prossima hanno dato inizio a questi ritiri tanto attesi. Ci fu veramente un coinvolgimento generale dell'Opera di Maria e molti dei suoi membri a turno presteranno il loro servizio ogni giorno, non solo per donare le loro esperienze, ma anche per preparare le stanze del Foyer de Charité, pulire e aiutare in cucina ed altri servizi. Con tutti questi preparativi il terreno sembrava ben preparato per poter sviluppare il tema scelto per questi esercizi spirituali: "Per una nuova evangelizzazione. Il sacerdote, l’uomo della comunione”. 



Cosa dire di questa esperienza che ha coinvolto 149 sacerdoti, tra i quali cinque religiosi? Sono sacerdoti e religiosi di una Chiesa che, pur travagliata da conflitti etnici, esplode di giovinezza e di vocazioni in ogni angolo del paese, e riscoprono i valori comunitari della cultura africana.



È stata un’esperienza di una densità unica, dove i giorni scorrevano velocemente senza avere il tempo di un po’ di riposo. Era chiaro che non mancavano dei momenti difficoltà, di rinuncia, in mezzo al caldo soffocante che preannunciava l’arrivo delle piogge, ma al contrattempo il programma previsto non s’arrestava. Ci sorprendeva questa vita nuova che nasceva dalla radice dell’amore crocifisso e portava alla resurrezione; vita che univa anime e cuori in comunione; vita divina che diventava sorgente dei doni dello Spirito Santo.



Ogni ritiro ha avuto la sua caratteristica a seconda dei partecipanti, della varietà della loro età, del loro vissuto e della loro formazione. Tuttavia si è notato subito un denominatore comune che dava tanta gioia ed edificava. Si trattava della docilità con la quale i sacerdoti si aprivano alla spiritualità di comunione e si avviavano così a passare dalla cultura dell’io alla cultura del noi. Uno messaggio inviato alla Presidente dell'Opera di Maria diceva che si avvertiva con sorpresa "la potente presenza dello Spirito Santo che col suo soave soffio incrementava la Comunione". Fu un’esperienza nuova nella quale si vedeva la realtà della comunione espandersi, riempirsi di significati nuovi man mano che veniva approfondita.



Tanti sacerdoti al termine di ogni ritiro nella condivisione delle loro impressioni, dicevano di aver scoperto l’importanza della Parola di Dio come strumento che crea comunità; di aver percepito la bellezza di passare dall'io al noi, grazie anche all'esperienza vissuta nei gruppi di condivisione. Tanti di loro, poi, si dicevano colpiti dalla testimonianza di comunione vissuta fra noi animatori e con coloro che venivano a raccontare le esperienze. "I temi, donati a tre voci – ha affermato qualcuno - erano lo zoccolo del ritiro, ma parlava con maggiore eloquenza l’unità tra noi…, la presenza discreta e operosa della comunità del Movimento e quelle brevissime esperienze della Parola offerte alla fine di ogni conferenza davano un tocco efficace alle meditazioni". Molti sacerdoti affermavano di voler impegnarsi a mettere lo spirito di comunione alla base del loro essere e del loro agire e di portarlo nei loro ambienti. La spiritualità di comunione ci è apparsa come il cuore del Vangelo, un cuore che porta sangue nuovo a tutto il resto delle realtà evangeliche.



Il segretario della Nunziatura ci confidava che questi ritiri sulla spiritualità della comunione portavano un “respiro di speranza” per il futuro del Burundi. I rapporti di vera comunione hanno di certo la potenzialità di rilanciare lo sforzo di una vera e profonda riconciliazione tra le diverse etnie di questo paese; sforzo che attualmente sembra affievolito. 



La lettera inviata a Emmaus et Jésus, rispettivamente Presidente e Copresidente dell'Opera di Maria, comunicava quanto segue:



I 149 sacerdoti, provenienti da tutte le diocesi del Burundi si sono aperti generosamente alla spiritualità di comunione, volendola portare nei loro ambienti di vita. Ancora una volta siamo stati colpiti dall’azione dello Spirito Santo che ha infuso in tanti di essi desideri di conversione… E, pur sottolineando la mancanza di comunicazione in molte delle loro comunità, hanno espresso la volontà di ricominciare sulla via della comunione. Noi portiamo nel cuore una grande gioia: di aver contribuito, con l’annuncio della comunione, al bene della Chiesa del Burundi e del suo avvenire. Con gratitudine allo Spirito Santo!"

Padre Mimmo Arena,

Florence Gillet,

Monika Maria Wolff,

Abbé Léon Sirabahenda

Gregor Friedrich Meisinger: L'altro al centro

Gregor Friedrich Meisinger

dell'Ordine Premostratense

(vedi sotto la tradizione in italiano)


Unser Mitbruder wurde am 29. April 1941 in Liebenstein 3, Pfarre Arnreit, als Sohn des Otto und der Anna Meisinger geboren und auf den Namen Friedrich getauft. Es war dies der Tag der Enteignung des Stiftes Schlägl durch die Nationalsozialisten. Nach der Volkschule besuchte er das Gymnasium Kollegium Petrinum in Linz, wo er 1960 maturierte. Am 28. August 1960 wurde er von Abt Florian Pröll mit dem Ordensnamen Gregor in das Noviziat des Stiftes Schlägl aufgenommen. Er studierte von 1961 – 1966 Theologie an der Universität Innsbruck und wurde am 14. Juli 1966 in Pfarrkirchen von Bischof Franz Sal. Zauner zum Priester geweiht.

Nach seiner Priesterweihe war er Kaplan an der Stiftskirche, Katechet an der Volksschule Schlägl und Präfekt an der Land­wirtschaftsschule Schlägl. Von 1970 – 1972 war er Kooperator in Rohrbach. Bereits 1972 wurde er Pfarrer in Julbach. 1975 betraute ihn Abt Florian Pröll im Stift Schlägl mit den Aufgaben des Subpriors und Novizenmeisters. 1977 kehrte er wieder nach Julbach zurück, wo er bis zu seinem Tod als Pfarrer wirkte.

H. Gregor war es ein großes Anliegen, die Seelsorge in der Pfarre und das Gemeinschaftsleben im Kloster gut miteinander zu ver­binden. Es war für ihn eine Selbstverständlichkeit, fast jeden Tag an der Vesper im Stift teilzunehmen und mit seiner wunderbaren Stimme das Gebet mitzutragen. Er war ein überaus herzlicher Mensch; Friede, Güte und Barmherzigkeit waren Grundhaltungen, die ihn als Mitbruder und Seelsorger geprägt haben.

Besonders wichtig war ihm die Lebendigkeit seiner Pfarrgemeinde in Julbach. Inspiriert durch die Begegnung mit den kirchlichen Erneuerungsbewegungen Fokolare und Cursillo hat er in seiner Pfarre viele neue Impulse und Initiativen gesetzt. Gleichzeitig war ihm die Bewahrung traditioneller Glaubenswerte ein großes Anliegen. Er bemühte sich sehr um eine vielfältig gestaltete Liturgie und maß vor allem dem Singen eine hohe Bedeutung zu. Er hatte immer eine Gitarre in Griffweite, um die Lieder im Gottesdienst selber zu begleiten.

H. Gregor ist den Menschen mit großer Wertschätzung begegnet und hat immer das Gemeinsame in den Mittelpunkt gestellt. Orientiert hat er sich dabei an einem Wort des hl. Augustinus: „Mit euch bin ich Christ, für euch bin ich Priester.“ Er hatte eine grenzenlose Liebe zur Kirche und war allen sehr dankbar, die ihn in der Pfarre begleiteten und unterstützten. Diese Liebe zeigte sich vor allem in seinem Engagement für Kinder und Jugendliche, mit denen er viele Fahrten Ausflüge und Lager organisierte, in seiner Sorge um die Alten und Kranken und in seinem Einsatz für die Flüchtlinge.

Während seiner langen Tätigkeit als Pfarrer von Julbach wurde die Pfarrkirche mehrfach renoviert und ein neues Pfarrheim er­richtet.

In den letzten fünfzehn Lebensjahren litt H. Gregor unter mehreren schweren Erkrankungen. Nach einem Schlaganfall verstarb er am Sonntag, 18. November 2018, um 18.30 Uhr im Krankenhaus der Elisabethinen in Linz.

Wir halten für unseren Mitbruder H. Gregor am Donnerstag, 22. November 2018, und am Freitag, 23. November 2018, um 19.30 Uhr die Totenwache in der Pfarrkirche Julbach.

Traduzione italiana

Il nostro fratello Gregor è nato il 29 aprile 1941 a Liebenstein 3, nella parrocchia Arnreit, figlio di Otto e Anna Meisinger e battezzato nel nome di Friedrich. Questo fu il giorno dell'esproprio dell’Abbazia di Schlägl da parte dei nazionalsocialisti. Dopo la scuola elementare, ha frequentato la scuola secondaria Kollegium Petrinum a Linz, dove si è diplomato nel 1960. Il 28 agosto 1960 fu accettato dall'abate Florian Pröll con il nome religioso Gregor nel noviziato dell'Abbazia di Schlägl. Ha studiato teologia all'Università di Innsbruck dal 1961 al 1966 ed è stato ordinato sacerdote il 14 luglio 1966 a Pfarrkirchen dal vescovo Franz Sal. Zauner.
Dopo la sua ordinazione è stato cappellano presso la chiesa abbaziale, catechista presso la scuola elementare Schlägl e prefetto presso la scuola agraria Schlägl. Dal 1970 al 1972 è stato collaboratore a Rohrbach. Già nel 1972 divenne parroco a Julbach. Nel 1975, l'abate Florian Pröll gli affidò i compiti di vice priore e maestro dei novizi nell'Abbazia di Schlägl. Nel 1977 è tornato a Julbach, dove ha lavorato come parroco fino alla sua morte.
Per F. Gregor è stato un grande impegno unire la cura pastorale nella parrocchia alla vita comunitaria nel monastero. Era naturale che lui frequentasse i Vespri nel monastero quasi tutti i giorni e pregasse con la sua meravigliosa voce. Era una persona molto cordiale; pace, bontà e misericordia erano gli atteggiamenti che lo hanno caratterizzato come confratello e pastore.
Gli andava particolarmente a cuore la vivacità della sua parrocchia a Julbach. Animato dall'incontro con i movimenti di rinnovamento della Chiesa, Focolari e Cursillos, ha attivato molte iniziative e nuovi impulsi nella sua parrocchia. Allo stesso tempo, era molto importante per lui la conservazione delle credenze tradizionali. Ha fatto un grande sforzo per creare una liturgia variegata e, soprattutto, ha attribuito grande importanza al canto. Ha sempre avuto una chitarra a portata di mano per accompagnare le canzoni nel suo servizio.
F. Gregor incontrava le persone con grande apprezzamento e ha sempre messo la comunione al centro dei suoi rapporti. Una parola di St. Agostino è stata per lui un costante orientamento: "Sono cristiano con voi, sono prete per voi". Aveva un amore sconfinato per la Chiesa ed era molto grato a tutti coloro che lo accompagnavano e lo sostenevano nella parrocchia. Questo amore si è dimostrato soprattutto nel suo impegno verso i bambini e i giovani, con i quali ha organizzato numerosi viaggi e campi scuola, nella cura per gli anziani e gli ammalati e nel suo impegno verso i rifugiati.
Durante il suo lungo ministero come parroco di Julbach, la chiesa parrocchiale fu rinnovata più volte e fu costruita una nuova casa parrocchiale.
Negli ultimi quindici anni, F. Gregor ha sofferto di diverse gravi malattie. E' morto domenica, 18 novembre 2018, a causa di un ictus.


domenica 12 agosto 2018

Un incontro che ha lasciato il segno


Roverè Veronese, 1-8 agosto 2018.

Opera di Maria – Consacrate, Religiosi e GenRe


Un incontro che ha lasciato il segno



A Roverè Veronese, nello splendido panorama dei monti Lessini, i Religiosi, com’è loro tradizione, e le Consacrate, per la prima volta, hanno programmato il loro incontro estivo in un ambiente climatico ideale e circondati da un verde meraviglioso. I religiosi e le consacrate erano una sessantina, ai quali poi se ne sono aggiunti altri fino ad arrivare a 66 presenze. Provenivano da diversi paesi, perfino dall’Africa, dal Brasile, dagli USA e da varie parti d’Europa. In contemporanea però – questa è la novità di quest’anno –, anche un altro gruppo di 12 giovani (consacrati e consacrate) ha dato inizio il proprio incontro nella vicina località di Santissima Trinità. Si tratta, perciò, di uno sviluppo nuovo che si innesta su un percorso (quello degli incontri estivi dei religiosi e delle consacrate dell’Opera) iniziato una cinquantina di anni fa.
Adulti e giovani, trascorrevano le mattinate insieme e tutti: da un lato si sono sentiti “privilegiati”, per il clima fraterno che si è creato e soprattutto per i contenuti trattati; dall’altro hanno avvertito la responsabilità di essere stati scelti come rappresentanti, che dovranno, perciò, trasmettere ciò che hanno visto e vissuto. Sono presenti quasi al completo i centri dei religiosi e delle consacrate, che hanno animato l’iniziativa.
L’incontro è iniziato con l’ascolto del discorso di Papa Francesco, tenuto lo scorso 10 maggio a Loppiano (Firenze). Padre Theo Jansen e Maria Teresa Reteur Vand Dick, presenti in quella occasione, lo hanno introdotto e in tutti è risuonato come un programma da realizzare, per i religiosi presenti si capisce, ma anche per tutta dell’Opera di Maria. Esso, infatti, richiede di saper continuare a vivere con rinnovato slancio il carisma dell’unità per il bene dell’umanità e della Chiesa, perché – parole di Papa Francesco – «voi siete appena agli inizi».

Il “Paradiso ’49”, un testo dal quale partire.

Nel pomeriggio, Alberto Lo Presti e Lucia Abignente, competenti sull’analisi del Paradiso ‘49 perché l’hanno approfondito nel gruppo interdiscilpinare della Scuola Abba, hanno posto le premesse per introdurre i partecipanti alla lettura del testo che, a dire il vero, non è certo di facile accesso. Essi, poi, hanno accompagnato questa lettura per tutto l’arco dell’incontro. Fin dal primo momento è stato detto che non si tratta solo di una comprensione intellettuale, ma piuttosto di una progressiva e coinvolgente partecipazione a quelle realtà spirituali lì descritte, per attualizzare in ognuno ed in tutti l’esperienza fondante dell’Opera di Maria. 
Infatti, è proprio in questo coinvolgimento dei singoli e del gruppo che si diventa ‘corpo ecclesiale’ e si comprende quanto Dio ama l’uomo e lo trasforma con le sue grazie. Ma, fin dall’inizio è stata Chiara stessa a voler condividere con Igino Giordani e le prime focolarine questi momenti speciali di Dio, ai quali tutti, se ci sono le dovute condizioni, possono accedere anche oggi ed avvertire una presenza speciale di Dio sotto tutte le cose. Tutti, quindi, hanno avuto la reale sensazione che sotto a tutto ciò ci sia una grazia, che porta ad operare un vero rinnovamento nei religiosi e nelle consacrate, risvegliando in loro la coscienza che li ha portati a donare la vita a Dio.
Nei giorni seguenti Lucia Abignente ed Alberto Lo Presti, hanno incominciato a leggere i primi capoversi del Paradiso ‘49 che riguardavano i “Precedenti”. In essi Chiara comunicava qual è stata la sua preparazione remota e prossima, che ha condotto lei, Igino Giordani e le sue prime compagne a fare questa esperienza di Dio con tanta intensità. Partendo dalla Parola vissuta, Dio aveva fatto scoprire alcuni capisaldi della nuova spiritualità: l’importanza del mettere in pratica la Parola, la bellezza di questa vita evangelica, la volontà di Dio, l’amore reciproco, l’unità... «Comprendevano – si legge – che ogni Parola è un richiamo alla carità di Dio e al mistero pasquale di Gesù» morto e risorto. In questa esperienza evangelica così profonda, Gesù Abbandonato, Parola che riassume in Sé tutto il Vangelo, appariva al vertice di tutto, la sintesi e la pienezza di ogni Parola che porta in sé la vita di Dio.
Successivamente, è stato presentato il brano conosciuto ormai come l’ “entrata in Paradiso”. E questa volta è Chiara stessa a raccontarlo, quando è andata ad incontrare 2000 giovani riuniti nella sala congressi di Castel Gandolfo (24 febbraio 2001). «Ci ha toccato – ha detto uno dei presenti – il modo con cui Chiara ha saputo coinvolgere e fare entrare nella realtà del Paradiso questi giovani». Tutti, poi, hanno solennemente rinnovato il Patto di Unità, in cui ognuno, con tutte le proprie fragilità, sente di donarsi a Dio, affinché Lui stesso possa realizzare quanto suo Figlio Gesù gli ha chiesto prima di morire: Che tutti siano uno! Ecco cosa avviene quando si avverte questa spinta a donarsi pienamente a Dio: vengono in luce esperienze personali, familiari e comunitarie grazie a questo incontro con il carisma dell’unità, donato dallo Spirito Santo alla Chiesa attraverso C. Lubich.
È questa l’esperienza avvertita e condivisa del sentirsi ‘Anima’, Anima-Chiesa, Sposa del Verbo, a cui lo Sposo fece conoscere a Chiara Lubich, in modo del tutto nuovo, Maria, la Madre sua in tutta la sua bellezza e nella sua grandezza di ‘Madre di Dio’.
Il sentirsi ed essere effettivamente ‘UNO’ è stato un crescendo. Dalla condivisione che emergeva spontanea dopo aver accolto il testo nel suo vero significato, qualcuno ha affermato: «Si può dire che Dio ci ha fatto e continua a farci la grazia di sperimentare, in qualche modo, la grazia del Paradiso del ’49. Conoscendo e sperimentando ciò, vien voglia di andare avanti!».
In questi giorni, alla fine di queste riflessioni ogni volta si rimaneva in una prolungata e ricca comunione d’anima tra tutti, in un sacro clima di ascolto reciproco.

La grandezza di Maria

Riprendendo ed approfondendo ulteriormente le pagine dedicate a Maria, emergeva sempre di più la sua grandezza, proprio per il fatto che essa è «soltanto Parola di Dio […] bella oltre ogni dire: tutta vestita della Parola di Dio che rivela la bellezza di un Dio-Padre che ama». Maria, «la segreta custode dello Spirito in sé», affascina. Per cogliere tutta questa novità e vedere cosa rappresenta Maria nella vita di un cristiano, ogni espressione risulta inadeguata, oppure acquista un più profondo significato: vera Regina del Cielo e della terra, la Madre che contiene Dio, la Genitrice di Dio, grande come il Padre e come il Figlio. «Iddio L’amò – si legge nel testo – tanto da farLa Madre sua, e di fronte a Lei rimpicciolì il suo Amore. In Cielo […] tutto diventa Dio». Sono espressioni forti che spingono a vivere più intensamente gli aspetti della spiritualità collettiva, fondata sulla fede che lascia intuire l’immenso Amore di Dio per tutta l’umanità. Per Chiara Maria è stata fondamentale ed auspica che tutti facciamo l’esperienza del Paradiso, rivivano Maria nella loro vita, per comprendere e lavorare adeguatamente nella sua Opera-Chiesa.
Su questo argomento è stata presentata, infine, una conversazione di Chiara alle focolarine e ai focolarini tenuta a O’Higgins (Argentina) il 4 aprile 1998 in occasione della sua visita alla Mariapoli Lia. Lucia Abignente ne ha descritto bene il contesto. Fu una visita lunga, durata quasi un mese, con parecchi avvenimenti sociali e culturali straordinari, con apprezzamenti delle autorità laiche e delle università. Tredici sono state le facoltà delle Università di Buenos Aires che hanno dato a Chiara il dottorato “honoris causa”. Tutti volevano incontrarla e ascoltarla, anche gli ebrei. Erano stati giorni indescrivibili, che Chiara stessa aveva attribuito a un intervento speciale della Madonna. Si vedeva il popolo di Chiara, i volti luminosi dei figli di Chiara.
Nel video presentato qui, Chiara commenta una pagina del Paradiso che ha trascinato dentro anche i presenti a questo incontro. «In Paradiso – si è detto – non si saprà se uno sarà arrivato lì per amore o per misericordia». Gesù abbandonato viene presentato qui come vanità, il nulla-tutto di Dio, e come il vertice della Parola, ciò che passa e ciò che rimane. Altri testi, poi, si riferivano alla dimensione pasquale della Parola (morte e risurrezione), alla Rosa Mistica, alla descrizione del Paradiso con colori, canti e danze, come lo hanno descritto i mistici. Chiara esprime questi legami tra cielo e terra con dei raggi divergenti e convergenti che escono dal Padre (il Creato e il Verbo) e con tante altre immagini. Questo è anche il compito principale della Scuola Abbà: scoprire nel patrimonio della Chiesa e dei Santi e confermare che tali esperienze, fatte in quei lontani giorni di Paradiso vissuti nelle montagne del trentino, sono in sintonia con la tradizione cristiana.

Nella vita di tutti i giorni

Nel contesto ordinario, la vita dei Consacrati appare a volte limitata, mentre con uno spirito più aperto potrebbe evidenziare maggiormente l’amore di Dio per l’umanità e trasmettere a tutti la gioia di vivere in Dio-Amore. Questi ed altri interrogativi sono emersi nell’incontro avvenuto a Castel Gandolfo dal 12-15 aprile del corrente anno, dove consacrate e religiosi insieme ad alcuni laici hanno riflettuto sugli orientamenti dell’Opera di Maria e su come renderli concreti, lasciandosi ispirare dai carismi. Si tratta di mantenere viva la tensione all’Ut omnes, l’attenzione alle nuove generazioni e l’incarnazione dell’Ideale. In questo impegno consacrate e religiosi potrebbero lavorare insieme per diventare un unico Movimento, che si chiamerebbe “Movimento Carismi per l’Unità”. Questa ipotesi è stata accolta con entusiasmo da tutti. Perciò, la commissione che allora si era formata e che si è già incontrata nei mesi di maggio e giugno, ha ottenuto il pieno consenso ed è diventata operativa a tutti gli effetti.
Su questa linea si è andati avanti e si è fatto un collegamento virtuale con Donatella Acerbi, membro del Consiglio direttivo delle Famiglie carismatiche e presidente dei laici della famiglia Pallottina. Riguardo al cammino delle famiglie carismatiche in dialogo, iniziato ormai da quattro anni, lei avvertiva che questa è la strada da percorrere oggi: ciò che conta prima di tutto è il dono del carisma vissuto in reciprocità da consacrati e laici, e non l’istituzione. In questo, anche i membri del Movimento dei Focolari possono dare il loro valido apporto per favorire il dialogo fra i carismi.
D’altra parte, ci sono già dei segnali che vanno in questa direzione, come alcune esperienze recenti di religiosi e consacrate che si sono incontrati a Ottmaring in Germania, gli Esercizi Spirituali che si sono tenuti a St Pierre de Chartreuse in Francia e vari altri incontri dei religiosi e delle consacrate in Brasile, in particolare quelli rivolti ai giovani.

Risurrezione di Roma: una risposta che trasforma

Un ulteriore tocco che ha spronato l’impegno concreto di questi religiosi verso l’incarnazione del proprio carisma in sintonia con quello dell’unità, è stato leggere insieme il testo di Chiara Lubich intitolato “Risurrezione di Roma”. Nel 1949 la situazione sociale e morale della città di Roma nel dopo-guerra era disastrosa. In tale contesto, la visione di C. Lubich dona uno sguardo nuovo che viene da Dio e che apre alla speranza, perché la luce, il fuoco che essa porta dentro di sé entra in contatto con le miserie e il dolore del mondo fuori di sé, che è lontano da Dio. Di fronte alla realtà cruda di un’umanità ferita dal male, lei sente di dover fare come Gesù, «guardare al Cielo dentro di Sé». «Mi faccio un tutt’uno con la Trinità che riposa nell’anima mia – scriveva – illuminandola d’eterna Luce…». Si tratta di un Fuoco che trasforma le anime e le rende ‘altro Cristo’. In tal modo, continua Chiara, «attraverso la pupilla che è vuoto sull’anima […], guardo al mondo e alle cose; però non più io guardo, è Cristo che guarda in me e rivede ciechi da illuminare e muti da far parlare e storpi da far camminare». Tale testo è un vero ‘manifesto’ per ogni positiva trasformazione sociale. È impressionante vedere come dovrebbe essere questa visione mistica per essere concreta ed incisiva quando viene a contatto con l’umanità ferita, affinché non soffochi l’anima, o annulli l’esperienza di Paradiso appena fatta, ma le dia, invece, un nuovo significato che permetta, nonostante il degrado apparente, di guardare oltre e vedere come farsi strumenti di salvezza per l’umanità che soffre.
Gesù Abbandonato, che si è fatto vuoto, nulla-d’amore; questo Gesù, amato e abbracciato dal cristiano, porta a sperimentare il suo segreto dinamismo d’amore. Tutto ciò porta verso una visione positiva delle cose e la vita cristiana si ‘divinizza’, anzi si ‘trinitizza’.

Incontri significativi

Un incontro speciale, anche se solo virtuale, è stato attivato nel collegamento video fatto con il Copresidente dell’Opera di Maria, Jesús Morán, il quale avrebbe desiderato tanto esserci di persona. Anche lui, parlando di quanto ha detto Papa Francesco nella recente visita a Loppiano, ha messo in luce gli antecedenti: la visione teologica di Papa Francesco circa il popolo di Dio, maturata in consonanza con il magistero del Vaticano II e in modo particolare sugli sviluppi che esso ha avuto nelle Conferenze Episcopali dell’America Latina (cf. I vescovi a Puebla). Inoltre, ha collegato idealmente questa visita con quella di Giovanni Paolo II del 1984 al Centro dell’Opera. In tutto questo c’è un disegno provvidenziale che aiuta a comprendere il passaggio che è avvenuto dal momento fondazionale (dove il Carisma è legato a Chiara), a quello attuale in cui il Carisma è affidato al ‘popolo’ di Chiara, per potersi collocare in modo sempre più pieno nella Chiesa e a servizio dell’umanità. «Questi argomenti verranno sviluppati nell’incontro che ci sarà prossimamente con i Delegati dell’Opera – ha detto Jesús –, ma già da queste premesse si possono intuire molti spunti che l’Opera di Maria è chiamata a dare alla vita della Chiesa in questo momento. Anche i consacrati, muovendosi insieme per un unico Movimento, si dimostrano più significativi nel testimoniare la vita della Chiesa e dei suoi carismi».
Per questo scopo, durante l’incontro i Religiosi, le Consacrate e il gruppo dei giovani si sono trovati in incontri distinti per cercare delle risposte concrete su alcune questioni particolari che li riguardano. La coscienza di essere parte viva dell’Opera di Maria – Movimento dei Focolari, era in tutti viva. Un messaggio di risposta di Emmaus lo esprime bene: «Grazie del vostro messaggio – scrive. Sono con voi in questa bellissima avventura e vi affido particolarmente a Maria, Madre di tutti i carismi. Uno! Emmaus».
Alcuni religiosi hanno approfittato della mezza giornata di pausa per andare a Rovereto ad incontrare un pioniere di questa avventura, padre Bonaventura Marinelli. Al loro ritorno hanno raccontato che, nonostante la sua età longeva (98 anni), è rimasto felicissimo della visita ricevuta e raccontava con entusiasmo di quando Chiara e le prime focolarine seguivano lui e ai suoi compagni di scuola, e poi quando, ancor studente nei Collegi romani, mantenevano i contatti. «Erano per noi come una corrente elettrica e alla fine vedevamo le cose tutte rovesciate, non più dalla logica umana, ma dal Paradiso». In Padre Bonaventura questa visione persiste ancora.

I giovani: una speranza

Suor Francesca Bosco e padre Donato Cauzzo in tutti questi giorni hanno accompagnato i giovani che, dopo diversi anni, hanno voluto con gioia ridare vita alle scuolette gen-re. Erano, come si diceva sopra, una dozzina e hanno sentito di dover rafforzare la loro vocazione all’Opera. Hanno fatto un loro programma adeguato, vivendo insieme in una casa a pochi chilometri da Roveré Veronese, ad eccezione di quei momenti in cui condividevano con gli adulti le conversazioni sul Paradiso e lo scambio conseguente. Dagli echi molto positivi raccolti da loro, emerge tanta voglia di continuare, di rimanere collegati tra di loro, di essere come dei nodi che costruiscono una grande rete di rapporti tra le giovani generazioni, per andare incontro al loro desiderio di comunione e proiettarsi con speranza verso un futuro carico di attese.

Consacrate e Religiosi dell’Opera: un cantiere aperto


Altre sono state le realtà emerse nel corso di questi otto giorni:
I)              In primo luogo il corso Svegliate il mondo che si è tenuto per il secondo anno a Loppiano e che è una espressione del Centro Evangeli Gaudium. P. Theo Jansen e Suor Tiziana Longhitano hanno condiviso con tutti i frutti positivi di quest’ultimo anno, presentando al contempo il prossimo progetto con i diversi moduli e i professori che lo animeranno.
II)               In secondo luogo si è parlato del dialogo ecumenico. P. Conrad Siberras, P. Jonathan Cotton e P. Egidio Canil hanno informato sul coinvolgimento di alcuni religiosi dell’Opera di Maria nella CIR (= Conferenza Interconfessionale di Religiosi), organismo che da 40 anni lavora per l’Ecumenismo. Ora la collaborazione è diventata più stretta e questo anno al raduno che si è tenuto a Mirfield, erano presenti Paolo Cocco, Conrad Siberras suscitando in tutti un interesse per la Spiritualità di Comunione ispirata al carisma dell’unità; tema che è piaciuto tanto ed è stato scelto per la prossima Assemblea a Monserrat in Spagna (13-18 giugno 2019).
III)            Una ulteriore realtà, ormai consolidata, ma che vede ora una costante presenza di consacrati, è l’iniziativa Insieme per Europa, che si occupa di promuovere l’unità tra i movimenti e che da due anni include anche gli antichi carismi. Vi hanno partecipato P. Egidio Canil e l’Abate Raimund della abazia premostratense di Innsbruk.
IV)            Successivamente si è passati al dialogo interreligioso, specialmente quello con i monaci buddisti della Tailandia. P. Theo ha descritto la visita di cinque monaci buddisti passati per Loppiano. Al monaco Luce Ardente, come l’ha sopranominato Chiara, altri si sono aggiunti ed erano presenti nella visita del Papa a Loppiano. La condivisione tra i religiosi di Loppiano e questi monaci è aumentata di giorno in giorno fino ad arrivare a pregare insieme, a programmare visite turistiche ad Assisi, Padova, Venezia. Si intravvede, quindi, una reale possibilità di una comunione interreligiosa ed un sincero rapporto fraterno; sono frutti che spuntano dopo 20 anni di relazioni tra l’Opera di Maria e i monaci tailandesi.
V)      Un ultimo, ma coraggioso dialogo riguarda la cultura. Il direttore della rivista Unità e Carismi, P. Carlos Garcia Andrade, ha presentato il nuovo progetto di fusione tra le due riviste: Gen’s e Unità e Carismi. Esse confluiranno in un'unica rivista che forse si chiamerà Ekklesìa e raccoglie il pensiero e la visione dell’Opera di Maria sugli aspetti ecclesiali. Si tratta di un coraggioso tentativo per promuovere la co-essenzialità tra la dimensione gerarchica e quella carismatica della Chiesa. Un progetto in cui si sta ancora lavorando per avere le coordinate di partenza fondamentali sui contenuti ed una definitiva approvazione per la stampa. Tutto questo avrà, poi, delle ripercussioni anche sulle edizioni estere. (Mariano Steffan)